“I giovani come Roberta sono una speranza”

Don Ernesto Mandelli, parroco di Lissago, da anni impegnato nelle politiche di integrazione con interventi concreti, commenta l’episodio di razzismo consumato ai danni della giovane brasiliana insultata e picchiata su un autobus della Sila

Don Ernesto Mandelli, parroco di Lissago, da anni impegnato nelle politiche di integrazione con interventi concreti, sul campo, in trincea, commenta l’episodio di razzismo consumato quindici giorni fa ai danni di Roberta dos Santos, la giovane brasiliana insultata e picchiata su un autobus della Sila da un autista non in servizio e dalla moglie di lui. Don Mandelli punta l’attenzione soprattutto sulle reazioni al gesto e sulle parole della ragazza: “Non ho rabbia, i razzisti sono poveri si spirito”
 
La reazione delle persone civili ed oneste di fronte a quanto è accaduto a Roberta dos Santos, anni 22, in Italia da 10 anni, si esprime in una molteplicità di sentimenti: meraviglia,incredulità, disgusto, sofferenza, rabbia, delusione…Un fatto di questo genere ripropone alla nostra attenzione domande sulle quali già altre volte ci siamo interrogati.
 
Da dove nascono questi comportamenti razzisti e inqualificabili, per cui l’altro, il diverso, lo straniero è sempre più oggetto di giudizi e atti ostili: sospetto, disprezzo, discriminazione, sfruttamento, avversità, odio, violenze? Chi e che cosa alimenta in mezzo a noi un clima di razzismo diffuso…quali persone, movimenti, istituzioni? Dove sono finite le radici cristiane della nostra società, così tanto spesso sbandierate in momenti pubblici e ufficiali e invece smentite in frequenti episodi della convivenza civile? Che senso ha la difesa orgogliosa di certi segni religiosi, come i presepi e le croci di legno, quando si insulta e si fa violenza alle persone, creature di Dio? Non sta forse emergendo il volto di una società indifferente e ipocrita, che mentre da una parte, per conformismo religioso, è pronta a dichiararsi cattolica, dall’altra non esita a “passare oltre” e a “girare lo sguardo” per non essere compromessa in vicende di dolore e discriminazione dei propri simili, che pure sono nostri fratelli? Le domande potrebbero continuare…
 
Nella vicenda di questa ragazza “che è stata insultata, graffiata, sbattuta a terra e presa a pugni” risaltano le sue parole, che rappresentano una preziosa lezione di stile: “Non ho rabbia. I razzisti in realtà penso che siano dei poveri di spirito, perché non sanno come è fatto il mondo, non hanno girato, credono che la pelle sia importante, e invece tutti sono uguali”. Vale la pena di analizzarle. 
Non ho rabbia: è il sentimento più alto. Di fronte alla violenza subita non c’è rancore nel cuore, non c’è vendetta: è espressione di nobiltà d’animo e di autentica fede cristiana.
Sono razzisti: si sente discriminata e maltrattata perché diversa e ci fa intuire ancora una volta che purtroppo nella nostra Varese questo sentimento è diffuso, non solo razzismo strisciante, ma conclamato.
Sono poveri di spirito (non da intendere evangelicamente, sarebbe una beatitudine), ma nel senso di animo meschino, incapace di sentimenti positivi fondamentali per una convivenza civile, fatta di accoglienza e solidarietà, in un contesto sempre più multietnico.
Non sanno come è fatto il mondo: i popoli infatti sono frutto di incontri di etnie diverse e di differenti colori delle pelle; non esiste la etnia pura, l’unica razza è quella umana.
Credono che la pelle sia importante: vittime di una società dove conta l’immagine e l’effimero, il pregiudizio e la presunzione di superiorità, e nella quale vengono sempre più a mancare valori fondamentali della vita.
Invece sono tutti uguali: è la verità fondamentale che sta alla base della “Dichiarazione dei diritti umani” (ONU – 1948): “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed uguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza” (Art 1).
Un’ultima cosa: giovani come Roberta, italiani e stranieri, sono una garanzia e motivo di speranza per un futuro più civile e una convivenza più umana per l’Italia, che si avvia a diventare, come del resto l’Europa intera, un paese sempre più multietnico, multiculturale, multireligioso.
 
Cordialmente                                 
don Ernesto Mandelli – Lissago – Varese

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 27 Luglio 2010
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