Adolescenti: qualcosa è cambiato
Nella Sala Luigi Ambrosoli Gustavo Pietropolli Charmet ha parlato di “La nuova relazione educativa tra genitori e figli”
Nella Sala Luigi Ambrosoli, mercoledì scorso, 20 ottobre Gustavo Pietropolli Charmet ha parlato di “La nuova relazione educativa tra genitori e figli”. Davanti a un pubblico di insegnanti e genitori, ha condotto una conversazione sulle difficoltà del camminare accanto ai “nuovi” adolescenti.
Psichiatra, psicologo, psicoterapeuta, definito da qualcuno come “il cantore degli adolescenti”, è poco televisivo ma presente sul campo di battaglia quotidiano dove padri, madri, insegnanti e altri adulti, provati dalle tante difficoltà, cercano qualche risposta.
Sui nuovi adolescenti
I ragazzi di oggi ci mettono di fronte a contenuti nuovi, nuovi timori, nuovi bisogni. Qualcosa è cambiato nel nostro mondo. Poco o niente di ciò che ricordiamo della nostra adolescenza potrà servirci. Essere stati adolescenti un tempo, aver riempito pagine di diario con i nostri segreti, storie di amori, di incomprensioni con i genitori, non ci serve più per capire i nostri figli. Siamo senza sostegno dell’esperienza. E per questo ci tocca reimparare quasi tutto: ricercando le ragioni, scoprendo, studiando, osservando con occhi attenti la vita dei nostri figli. Una fatica non indifferente per svolgere l’antico mestiere di genitori (e di educatori)!
Tra le tante cose che dobbiamo imparare
Leggere i fenomeni e capirli. Sono cambiati sia i contenuti sia le forme del disagio e del sapere. E anche la vita amorosa, la vita di gruppo, le relazioni familiari. Mentre scuola e famiglia non sembrano al corrente del significato dei cambiamenti. Vediamo le novità, ci allarmiamo, ci preoccupiamo, ma non riusciamo a dare un significato significativo a quello che succede.
A proposito di bamboccioni…
Da un parte affermiamo che i ragazzi oggi sono più precoci in ogni settore, più autonomi, più socializzati. Dall’altra non sappiamo spiegarci la contraddizione del loro lungo soggiorno in famiglia. E’ o non è patologico restare con mamma e papà a 30 anni? Si tratta di immaturità, di carenze affettive? O di che cos’altro?
…e di genitori-amici dei figli
Abbiamo attenuato il livello dello scontro e dei normali conflitti. In nome dello star bene e della felicità che vorremmo offrire ai nostri ragazzi, stiamo disimparando a dire qualche no, con il risultato di aver spento la naturale aggressività degli adolescenti.
Siamo afflitti da eccesso di bontà (buonismo?) e dall’incapacità di porci come adulti che ricoprono ruoli precisi e diversi. Sembriamo sempre meno decisi a metterci in gioco in un rapporto conflittuale ma aperto.
Una famiglia con poco potere sugli adolescenti
Abbiamo molto meno influenza sui figli rispetto al passato. Le ricerche dimostrano che i ragazzi hanno due famiglie: la famiglia naturale e la famiglia sociale, quella che si sono costruiti con le loro mani: il gruppo di amici, piccolo o grande a seconda dell’età, con un potere decisionale superiore a quello della famiglia. Il gruppo li accompagna, li sostiene, li consola, li tiene uniti, svolge una funzione di contenimento affettivo. Un ruolo sottratto alla famiglia naturale. Buona parte delle condotte pericolose dei ragazzi non sono individuali ma di gruppo. Le decisioni, molti adolescenti, le prendono con il gruppo. Dal debutto sessuale, alle cose meno importanti come il tatuaggio o il modo di bere, tanti comportamenti vengono gestiti dalla famiglia sociale.
I figli Narcisi
Narciso è il nuovo adolescente, spavaldo e temerario, ma delicato e fragile. Non è stato allevato in un modello educativo rigido e autoritario, non lotta con un onnipresente senso di colpa verso qualunque istinto possa allontanarlo dal gruppo familiare. Anche se è cresciuto alla ricerca di una mamma spesso troppo impegnata, è comunque abituato a considerare i suoi genitori come gli alleati per eccellenza e, libero dal complesso edipico, può riversare la rabbia verso altri obiettivi. Lavora sul suo corpo in trasformazione con il piercing, lo sport ossessivo, la ricerca morbosa di magrezza e ne fa un potente simbolo di proiezione nel futuro. È fatto così: lavora molto nella propria mente, ma se attacca nella realtà è incapace di identificarsi con il dolore che provoca, perché nessuno gli ha insegnato cosa significa immedesimarsi nell’altro da sé.
Ieri era un bambino, domani…
Aiutiamo i nostri ragazzi ad affrontare l’adolescenza, a passare dallo stato di bambini privilegiati, coccolati, seguiti e accontentati in tutto, alla fine del loro mondo dorato dell’infanzia, dove tutto era a portata di mano. Il mondo che li aspetta contiene anche sentimenti negativi che vanno affrontati.
Essere vicini ai figli senza sostituirsi a loro, offrire regole e norme, aiutarli a ricercare la felicità ma senza offrire loro una falsa felicità, la nostra.
a cura di Margherita Giromini
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