Prova tutti “i campi”, sarai uno sportivo migliore
La nascita della selezione provinciale di rugby è un'innovazione positiva. Ma per guardare ancora più avanti si potrebbe pensare a una polisportiva in cui la costruzione dello sportivo conti più di quella del professionista
Celtic League, Accademie, Scuole Rugby, Selezione provinciale…
Il rugby, come tutti coloro che cercano spazio e sopravvivenza, produce costantemente interessanti iniziative, l’ultima in ordine di tempo, proprio la nascita ufficiale della selezione provinciale under20.
Ma se mi chiedessero oggi cosa pensare di innovativo per la promozione del rugby nella nostra zona, tornerei ad un vecchio progetto mai realizzato, la polisportiva. Tutti gli sport se incanalati in un serio progetto di ingegneria sociale hanno la stessa importanza e valenza educativa, ciò significa che se un ragazzo diventa uno sportivo, prima che un rugbysta o un calciatore, ne beneficerà sicuramente in termini di sana crescita psicofisica.
Dice Jean Luc Sans tecnico transalpino del Brescia Rugby, in un suo intervento rispetto alla crescita costante del rugby francese, che nel Mondiale del 2007 la Francia schierava più di un giocatore che aveva iniziato a giocare a rugby a 18 anni. Ciò è stato possibile grazie al fatto che fin da piccoli questi ragazzi hanno praticato, per puro divertimento, tutta una serie di altre attività quali nuoto, basket, pallavolo, judo, eccetera.
La richiesta di impegni al 100% in tenera età e soprattutto nella fascia adolescenziale, rischia di creare giovani rugbisti saturi dello sport che praticano, proprio perché l’originale stimolo che era il divertimento si è fermato. Il rugby è, oggi, uno sport come tanti altri, questo lo ha voluto il rugby italiano stesso, che nel tempo si è creato un’importante finestra. Essere come gli altri significa, schiettamente, con tutti i pregi e i difetti degli sport più importanti.
"15 ragazzi nel vento" (titolo di un film francese sulla storia del Saint Denis Rugby) si allenavano in una banlieu parigina. Tra loro un giovane pilone cresciuto in mezzo a droga, capi banda, rapporti più o meno leciti. Il rugby lo fa approdare ad un nuovo mondo, il professionismo francese. Lui si trova benissimo diventa un campione, sono cambiati i nomi: il boss che gestisce i traffici illeciti del club (doping amministrativo) si chiama manager; il drogato qui lo chiamano dopato e la dura legge dello spogliatoio si chiama gerarchia…
Ma se mi chiedessero oggi cosa pensare di innovativo per la promozione del rugby nella nostra zona, tornerei ad un vecchio progetto mai realizzato, la polisportiva. Tutti gli sport se incanalati in un serio progetto di ingegneria sociale hanno la stessa importanza e valenza educativa, ciò significa che se un ragazzo diventa uno sportivo, prima che un rugbysta o un calciatore, ne beneficerà sicuramente in termini di sana crescita psicofisica.
Dice Jean Luc Sans tecnico transalpino del Brescia Rugby, in un suo intervento rispetto alla crescita costante del rugby francese, che nel Mondiale del 2007 la Francia schierava più di un giocatore che aveva iniziato a giocare a rugby a 18 anni. Ciò è stato possibile grazie al fatto che fin da piccoli questi ragazzi hanno praticato, per puro divertimento, tutta una serie di altre attività quali nuoto, basket, pallavolo, judo, eccetera.
La richiesta di impegni al 100% in tenera età e soprattutto nella fascia adolescenziale, rischia di creare giovani rugbisti saturi dello sport che praticano, proprio perché l’originale stimolo che era il divertimento si è fermato. Il rugby è, oggi, uno sport come tanti altri, questo lo ha voluto il rugby italiano stesso, che nel tempo si è creato un’importante finestra. Essere come gli altri significa, schiettamente, con tutti i pregi e i difetti degli sport più importanti.
"15 ragazzi nel vento" (titolo di un film francese sulla storia del Saint Denis Rugby) si allenavano in una banlieu parigina. Tra loro un giovane pilone cresciuto in mezzo a droga, capi banda, rapporti più o meno leciti. Il rugby lo fa approdare ad un nuovo mondo, il professionismo francese. Lui si trova benissimo diventa un campione, sono cambiati i nomi: il boss che gestisce i traffici illeciti del club (doping amministrativo) si chiama manager; il drogato qui lo chiamano dopato e la dura legge dello spogliatoio si chiama gerarchia…
Un serio progetto di apprezzamento del valore socio-educativo dello sport e di sinergia tra società, ma anche tra pubblico e privato, sarebbe quello di un’amministrazione che investisse senso e denari in un grande parco giochi dello sport dove si accede per imparare a giocare a calcio, basket, pallavolo, rugby, pugilato e quant’altro. Dove i ragazzi possano praticare uno sport in inverno, il rugby, ad esempio, uno in estate, la pallanuoto, e magari fare qualche seduta di pugilato o correre a fianco dei campioni del basket e dell’atletica. La costruzione dello sportivo, insomma, prima di quella del professionista. Gioverebbe a tutti, anche agli sponsor, e forse in questo eclettismo si riuscirebbero a tirar fuori le cose buone di ogni sport, renderle patrimonio comune e vivere lo sport finalmente come luogo del diletto, del piacere, del divertimento, della sana crescita di tutti i ragazzi.
La grande occasione è oggi parlare di sport.
Un Saluto
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