Sanità, confronto “bipartisan” per un settore in crisi di crescita

Tomassini (Pdl) e Bosone (PD) di fronte alla platea della festa provinciale del PdL. Sanità fra eccellenze e casi da scandalo; Lombardia da primato, ma problemi di programmazione e troppa enfasi sul privato

Si parla di sanità alla festa provinciale del PdL, ed è un dibattito bipartisan e assai pacato quello che vede protagonisti due colleghi come Antonio Tomassini (PdL) e Daniele Bosone (PD), medici, il primo presidente della commissione Sanità al Senato, il secondo suo vice, competente moderatrice la giornalista televisiva Francesca Cantiani.
Il nostro sistema sanitario nazionale è d’eccellenza a livello mondiale, come la stessa OMS conferma, ma gli italiani paiono non accorgersene: i problemi esistono e le lagnanze dell’utenza per ogni disservizio sono motivate. La Lombardia brilla per ricchezza di strutture sanitarie, ma a un costo e con difficoltà organizzative crescenti: il sistema complessivo necessiterebbe di riorganizzazione, di potenziamento su alcuni aspetti e "dimagrimento" su altri. La sanità "regionalizzata" dal 2001, poi, non è proprio stata un successo ovunque: in alcune regioni si sono aperti deficit paurosi, perchè se si è fatta la pentola della sanità "federale", nessuno aveva pensato, per anni, al coperchio delle regole sulla spesa. Che si annuncia solo ora in forma di concezioni quali la spesa standard comee lemento parificatore tra situazioni grottescamente differenti venutesi a creare tra Nord e Sud, tra regione e regione; ma che dovrà includere elementi qualificanti e centrali come il fabbisogno reale e la definizione dei livelli di assistenza minimi, ricordava Bosone.

L’incontro si era aperto con un minuto di silenzio per la tragica fine di quattro alpini, trucidati in un agguato talebano in Afghanistan, e con ramoscelli d’ulivo tesi tra le due parti, con tanto di complimenti da Tomassini per la scelta del PD di riunire la sua assemblea nazionale a Busto Arsizio: «C’è la volontà di riaprire una porta e parlarsi». «Svelenire il clima politico» faceva eco Bosone.
Andando a esaminare lo stato del servizio sanitario nazionale, Tomassini riconosceva un divario «geografico», anche nella percezione della qualità, considerata in genere buona al Nord e cattiva al Sud, con conseguente "turismo sanitario". Certe zone sono arretrate, riconosceva l’esponente pidiellino; «in altre la sanità è uno strumento della politica»; vi sono città (citava Palermo) in cui astanterie di pronto soccorso «disumane» convivono con assolute eccellenze specialistiche. «Clientelismo e mancata assunzione di responsabilità» sono per Bosone i tarli che soprattutto al Sud ma non solo hanno roso la nuova sanità regionalizzata, in assenza di controlli reali sulla spesa.

Sulla questione pubblico-privato, Tomassini mira ad una convivenza «sussidiaria» dei due sistemi, tanto più che su 108 miliardi di euro l’anno di sostegno pubblico al settore, gli italiani aggiungono di tasca loro 30 miliardi (fino al 30% del totale in Lombardia), a volte in modo evitabile, come certi sprechi pubblici sono senz’altro da stigmatizzare. Una combinazione di etica, tecnica, economia, partecipazione deve guidare per Tomassini l’azione della sanità, e i livelli locali non possono restare ignari dell’evoluzione del quadro nazionale nel suo complesso. Bosone, con tatto, andava a toccare le critiche del centrosinistra alla sanità "formigoniana" lombarda: una quota crescente di pagatori out of pocket (al privato), accreditamenti a pioggia, il rischio di relegare il pubblico all’emergenza-urgenza e di lasciare al settore privato le prestazioni migliori. Il privato, purchè no-profit, potrebbe entrare anche nella gestione delle aziende ospedaliere, sostiene, «ma non si può pensare solo in termini di lucro o mercato, la sanità non è questo». «Non interessa alla fine se la prestazione è pubblica o privata» diceva Bosone «ma a monte vi devono essere programmazione, serietà e controlli. Certo poi che se il pubblico deve assumere a tempo indeterminato e il privato può pagare letteralmente a cottimo, non andiamo bene. Il precariato è una delle cause dei problemi che identifichiamo come malasanità». Tema delicatissimo, influenzato dall’indignazione per le notizie diffuse dai media, quasi sempre e solo dal settore pubblico; un caso classico di "alberi che cadono mentre la foresta cresce silenziosa". E disordinata, a dire il vero. Sia Bosone che Tomassini identificano problemi organizzativi abbastanza seri nel sistema. In Lombardia si è arrivati ad avere 22 cardiochirurgie, specializzazione complessa, «quando poi si fa la fila per le ecografie» bacchetta il senatore del PD.
Si insisteva sulla necessità che i presidi ospedalieri si leghino meglio e più ai territori di riferimento, e che si recuperi la spaccatura tra sistema sanitario propriamente detto e sistema socio-assistenziale, concentrandosi dalla fase dell’acuzie a quella della cronicità: «la persona è una sola, non la si può abbandonare all’uscita dall’ospedale» sintetizzava Bosone.
Razionalizzare i reparti sul territorio, estendere e rafforzare i servizi non strettamente legati all’emergenza, ristabilire le gerarchie nelle èquipe e il rapporto fiduciario con pazienti e famiglie, infine tutelare il rischio professionale, questa l’indicazione di Tomassini: anche perchè quest’ultimo aspetto è diventato negli ultimi uno degli elementi di criticità del sistema.

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Pubblicato il 09 Ottobre 2010
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