Omicidio Castiglioni, Stefano racconta la sua verità
L'imputato, accusato di parricidio, non si sottopone all'esame dell'accusa e rilascia dichiarazioni spontanee. Ascoltati due tesi della difesa che danno versioni contrastanti dello stesso fatto
Stefano Castiglioni ha deciso di raccontare la sua verità. In aula, questa mattina, ha parlato solo lui decidendo di non sottoporsi all’esame del pubblico ministero Sabrina Ditaranto che lo accusa di aver ucciso suo padre Paolo, massacrandolo di botte nella sua abitazione di via Montegrappa a Sacconago, quartiere di Busto Arsizio, nella notte tra il 14 e il 15 maggio dello scorso anno. Parte da lontano col suo racconto, davanti al collegio giudicante presieduto dal giudice Toni Adet Novik e ai giudici popolari, ma non riesce a terminarlo in quanto la sua ricostruzione, dopo 40 minuti, non era giunta ancora ai terribili giorni in cui si consumava la morte del padre. Scarsa attinenza ai fatti del processo, dirà il giudice Novik, e il preciso intento di portare avanti la tesi dell’uccisione da parte del gruppo di ivoriani che il padre frequentava.
«Mi disse che si era comprato una negretta per 5 mila euro» – racconta inizialmente Stefano che poi ricorda di come, secondo la sua versione, Mary e la sua cerchia di amici e parenti avrebbero circuito l’anziano padre per sottrargli ingenti quantità di denaro e monili di valore. «A febbraio 2007 mi fece capire che voleva sposarla e che si era innamorato di lei – continua Stefano – mi spiegò il suo progetto di comprare un terreno in Costa d’Avorio e costruirci una casa con tanto di servitù e piscina ma nel frattempo le aveva comprato una macchina, mentre all’uomo da cui l’aveva comprata per 5 mila euro (chiamato Lorenzo, ndr) aveva acquistato un furgone». Il racconto di Stefano si incentra su questa relazione e su come il padre fosse completamente assorbito da lei e dalla cerchia di amici e parenti. «Io prendevo atto di questi avvenimenti – racconta Stefano – senza intereferire più di tanto. Fu lui, poi, a volermi allontanare lasciandomi dei biglietti nei quali mi chiedeva di uscire dalla sua vita e di riconsegnare le chiavi dell’appartamento di via Montegrappa, che poi era mio».
Stefano data questi avvenimenti all’estate-autunno 2007 e descrive anche una delle 4 aggressioni che, secondo lui, il padre avrebbe subito da parte di Mary e altre persone a lei vicine: «Una sera d’autunno mi trovai a passare davanti alla casa di mio padre, stava rientrando in casa, lo vidi e lui mi disse che era stato picchiato dagli amici di Mary, aveva il volto sanguinante». Stefano prosegue nel racconto: «Andammo al bar che frequentavo e che era vicino a casa di Mary, li trovammo Mary e Lorenzo, ci fu un battibecco tra mio padre e lei ma cercai di calmare le acque». Il giudice lascia proseguire Stefano Castiglioni nel suo racconto fino al Natale del 2007, quando chiese in prestito la Bmw Z4 al padre perchè «non avevo mai guidato un’auto presidenziale». Per coronare questo "sogno" aveva deciso di soprassedere anche sui cattivi rapporti col padre. L’intervento del presidente Novik ferma il racconto e Castiglioni chiude le sue dichiarazioni, visibilmente infastidito, dichiarando la sua totale innocenza: «Non fui io a picchiarlo quel giovedì notte – conclude – gli diedi solo due ceffoni il sabato mattina». Ma non si accorse che suo padre era stato pestato a sangue due giorni prima.
Subito dopo sono stati ascoltati i due testi della difesa che hanno dato versioni contrastanti della discussione avvenuta nel bar Happy Days di Sacconago tra Paolo Castiglioni, sanguinante in volto, e Mary. Antonino Tropeano, il barista che quella sera era in servizio nel locale, data il fatto un anno dopo rispetto a quanto affermato poco prima da Stefano e dice che Stefano era nel locale con lui quando il padre è entrato col volto sanguinante mentre non parla della presenza di Mary e Lorenzo nel bar. Anche il secondo teste, amico dell’imputato, racconta quella sera e dà una versione ancora diversa dello stesso fatto, più simile a quella di Stefano Castiglioni: «Entrarono Paolo e Stefano nel bar, il padre sanguinava dal viso e litigò con Mary che era presente nel locale insieme ad altre due persone di colore». Versioni distanti di una stessa aggressione che tutti e tre, sia i testi che Stefano, hanno detto di ricordare bene. Eppure sono tante le incongruenze nei racconti e tanti sono i punti interrogativi intorno alle figure descritte, come quella dell’ivoriano Lorenzo che avrebbe "venduto" Mary a Paolo Castiglioni. Lo stesso Stefano, nel suo racconto, non è lineare e spesso deve fare affidamento ad un quaderno di appunti che ha tenuto aperto per buona parte del suo racconto che, tra l’altro, verteva su anni recenti della sua vita e di quella del padre.
Domani toccherà al perito di parte e ad altri 4 testi della difesa, l’obiettivo è quello di raddrizzare una linea difensiva che, fino ad ora, non ha saputo convincere tra contraddizioni, ricostruzioni lacunose e mancanza di elementi chiave per poter indicare una mano e un movente diversi da quelli rappresentati dall’accusa.
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