L’Hospice di Varese mette “le ali”
Nasce un'associazione di volontariato che si pone al fianco di chi assiste. L'idea nata da Giovanni Verga,b già presidente della Fondazione Maria Letizia
«Ho conosciuto il reparto lo scorso anno, quando mia moglie Marilisa trascorse i suoi ultimi giorni di vita. Una realtà fantastica dove il personale illuminato riesce a creare un rapporto di amore con pazienti e parenti. Quando mia moglie è morta, ho sentito l’esigenza di mettermi a disposizione. Insieme ad altri parenti abbiamo deciso di costituire un’associazione che viva all’interno del reparto per sostenere i famigliari e gli operatori». Giovanni Verga spiega così la nascita di “Sulle ali”, un’associazione di volontariato che raccoglie la volontà di una cinquantina di parenti di mettersi a disposizione di chi li ha accompagnati nel momento del distacco dal congiunto.
L’associazione si chiama “sulle ali”, una sorta di omaggio a medici e infermieri che sono stati ribattezzati “Angeli”. Giovanni Verga vanta una lunga e concreta esperienza nel mondo del volontariato: 31 anni fa, una leucemia gli portò via la sua bimba Maria Letizia. Quel dolore si tramutò nella voglia di creare qualcosa di concreto per i bambini affetti da leucemia. Sorse una Fondazione che oggi lavora efficacemente al fianco dell’ospedale di Monza uno dei punti di riferimento in Italia in questo campo: « Quando tu sei consapevole di aver fatto tutto quello che era in tuo potere per aiutare chi ami – spiega Giovanni – la morte arriva con la sua inevitabile ineluttabilità e tu accetti ed, eventualmente, ti metti al servizio degli altri».
Un’assistenza discreta che si pone al fianco dei famigliari: « I pazienti sono già in mani ottime e godono di un’assistenza di qualità. Chi potrebbe aver bisogno di una spalla o aiuto è il famigliare, chiuso nella sua casa o in reparto, solo con il proprio dolore. I volontari sono tutte persone che hanno vissuto esperienze analoghe e dal confronto può uscire qualche aiuto concreto a chi si trova nel dramma. Vogliamo anche proporci per compiere qualche commissione di pazienti ospedalizzati in casa: la spesa o l’acquisto di medicine. Nella fase terminale della malattia, il paziente ha bisogno veramente di pochissimo, ma i parenti hanno necessità di sostegno. E magari, anche per il dopo, per l’elaborazione del lutto potrebbero esserci momenti di incontro per “rivedere sorgere il sole”. Ma questa è una variabile che valuteremo solo vivendo direttamente l’esperienza».
Dopo tanti anni di attività tra i bambini, Giovanni Verga non ha avuto esitazione a mettersi in gioco nella fase conclusiva della vita: «che ci si trovi tra bambini che ancora hanno una speranza o con persone ormai alla fine del proprio cammino, in mezzo c’è sempre qualcuno che ha voglia di mettersi a disposizione e accettare la sfida. Quando è capitato a me trent’anni fa, ho capito che nella vita ci sono altri valori oltre il registratore di cassa alla sera. Ho avuto la necessità di mettermi a disposizione. E nella mia vita ho incontrato così tante meravigliose persone che mi sembra impossibile che oggi l’Italia si trovi in questa situazione…»
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