Zuzzurro e Gaspare, la satira perbene che non piace alla tivù

Molto gradito da un pubblico che andava dai 12 agli 80 anni, "Non c'è più il futuro di una volta" fa domandare come mai gente come loro o Enrico Bertolino non siano più presenti in tivù. Con una risposta disarmante

Zuzzurro e Gaspare in "non c'è più il futuro di una volta"Una comicità con una quantità "sotto controllo" di parolacce e gestacci, che affronta temi sociali popolari e ci mette un pizzico di politica ma senza urlarla, senza costringere nessuno a prese di posizione da tifoso: questa è la comicità “di una volta” che hanno presentato ieri sera al Teatro Che Banca di Varese Andrea Brambilla e Nicola Formicola, alias Zuzzurro e Gaspare, nello spettacolo "Non c’è più il futuro di una volta". Una comicità "normale" che ci manca come l’aria, che vorremmo rivedere in tivù come antidoto a valanghe di programmi dove nessuno esprime più un suo pensiero compiuto in nessuna forma e in nessuna trasmissione, nemmeno in quelle considerate (ormai a torto, diciamolo) “culturali” o “di approfondimento”.

Quello che i varesini hanno visto ieri sono state battute e sketch che hanno fanno tornare indietro a Tognazzi e Vianello, Noschese e Panelli: tempi in cui la comicità che faceva pensare con lievità, usava un buon italiano e si confrontava con gli italiani “da televisione” prendendone in giro le rozzezze ma dandogli una mano per uscirne. Una comicità  a quanto pare però, per nulla innocua: i capostipiti, Ugo Tognazzi e Raimondo Vianello, per una battuta a cui Zuzzurro e Gaspare potrebbero essersi ispirati ieri sera, sono stati i primi epurati della tivù che teme qualunque ragionamento: allora, quando il presidente Gronchi cadde da una sedia del teatro alla Scala in una occasione ufficiale, Tognazzi finse in uno sketch di cadere dalla sedia e Vianello gli rispose: “Ma chi ti credi di essere?”.

Ora Zuzzurro comincia a parlare di escort o di “culi flaccidi” e Gaspare risponde “non voglio parlare di politica” (creando il mini tormentone “e allora lo vedi che hai capito che è lui?”). Il risultato, a 50 anni di distanza, è lo stesso: allora Vianello e Tognazzi rimasero anni lontani dalla tivù, che in quei tempi era solo di Stato. Zuzzurro e Gaspare in televisione non ci sono tornati più, se non per comparsate di durata limitata (in questo periodo, a Zelig). Sembra impossibile, visto la "moderazione" delle battute. E non è successo perchè il pubblico li abbia scordati: anzi, malgrado il grande successo che hanno a teatro da oltre trent’anni, con un pubblico che va dai 12 agli 80 anni.

Il loro spettacolo – decisamente più pop dei precedenti (sarà "colpa" dell’autore Pistarino,  che molti ricordano in Drive In?) che erano ottime versioni italiane della drammaturgia angosassone, e restano comunque il loro momento migliore –  prende il via proprio da questo: dalla fantomatica telefonata di un dirigente tivù che li rivuole indietro, e che chiede loro di portare un’idea per una trasmissione. Ma Andrea non sa più se ci vuole tornare, in una televisione così: e il dialogo tra il suo buon senso e quello di Nicola, rappresentante del terzo millennio “cazzuto” (dove il rappresentante più “cazzuto” del millenio pare essere Emanuele Filiberto in quanto vincitore di Ballando con le Stelle: “…e allora siamo messi bene” commenta Zuzzurro) non arriva a una soluzione. E in fondo, chissà, per opportunità nemmeno lo vuole.

In compenso mette alla berlina i cellulari, i cibi biologici, i desideri della gioventù. E anche società e politica, malgrado i due nella nostra intervista abbiano promesso il contrario. Ma solo perchè oggi parlare di lifting e di donne significa parlare di politica, o meglio significa turbare i politici.

Evidentemente, prendere bonariamente in giro i fatti fa più male che vomitarli in tivù in tenzoni senza senso dove la verità non si riesce nemmeno a intuire, e dove nemmeno le opinioni hanno più un minimo di autorevolezza. Vien da pensare che non sia un caso il fatto che a sparire dalla tivù non sia stato Santoro, sufficentemente “partigiano” da poter entrare nel circo degli urli senza danni. Ma siano spariti invece comici perbene e popolari, come i due che abbiamo visto al teatro Che Banca ieri sera o quello che ci è stato – riempiendo come un uovo il teatro – poco tempo fa, Enrico Bertolino: gente come loro non la si può accusare proprio di niente, tranne del fatto che fanno girare la loro testa e, facendo ridere, si piccano di farla girare un po’ anche agli altri.

Questo evidentemente è il vero delitto da pagare con l’invisibilità televisivs, malgrado ampie fasce di persone apprezzino ancora il loro lavoro, seguendoli a teatro. E perciò ha ragione Zuzzurro a non accettare nello spettacolo le sirene effimere della visibilità, dell’esistenza in quanto presenza in tivù: “Io in questa televisione non ci voglio andare”.
Giusto: toccherebbe a noi farla cambiare, per poterli di nuovo rivedere, insieme a una tivù normale.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 05 Marzo 2011
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