Giacomo Poretti si racconta agli studenti dell’ICMA
Una lezione molto speciale con l’attore del trio Aldo, Giovanni e Giacomo: “Ho imparato ad amare il teatro grazie al parroco di Villa Cortese”. E un consiglio ai futuri registi: “Non mollate, l’importante è la passione”
Dagli esordi “oratoriali” di Villa Cortese alla scuola di teatro del Sociale, fino al grande successo del Caffè Teatro: tutto il percorso artistico di Giacomo Poretti si è consumato nei dintorni di Busto Arsizio, ed è proprio all’Istituto Cinematografico Michelangelo Antonioni di via Magenta che l’attore, per una volta privo degli inseparabili Aldo e Giovanni, è tornato oggi per raccontare gli inizi della sua carriera a una platea di entusiasti studenti del primo, secondo e terzo anno della scuola bustocca. “Nella vita ho fatto tutt’altro fino a trent’anni – ha spiegato il popolare Giacomo, che di anni ne ha compiuti 55 proprio due giorni fa – ma avevo sempre il teatro nel cuore, fin da quando ero bambino e don Giancarlo, il parroco di Villa Cortese, aveva costituito una filodrammatica all’interno dell’oratorio: gli servivano tre bambini, uno piccolissimo, uno grassissimo e uno altissimo. Indovinate perché sono stato scelto…”. L’esperienza si chiuse dopo poche repliche, ma ebbe un seguito molti anni dopo: “Dopo un paio di tentativi con scuole di teatro a Milano, nel 1983 mi iscrissi al corso serale del Teatro Sociale di Busto, e credo che quello sia stato il momento decisivo della mia carriera. Delia Cajelli mi ha insegnato tutto, dai tempi di entrata in scena al modo di stare sul palco, fino all’utilizzo della voce; poi mi ha proposto di entrare nella compagnia degli Atecnici per rappresentare nelle scuole “Il Conte di Carmagnola” di Manzoni. È stata un’esperienza tragica, certe volte ci sparavano anche i petardi; eppure è stato lì che ho deciso di lasciare il lavoro all’ospedale e dedicarmi totalmente al teatro, andando incontro a diversi anni di difficoltà”.
Fino all’incontro con i due futuri componenti del trio: “A fine anni Ottanta li ho visti recitare a Milano – ha raccontato Poretti – ho capito che erano avanti di trent’anni e ho deciso che avrei dovuto lavorare a tutti i costi con loro. Poi per puro caso abbiamo conosciuto Maurizio Castiglioni, proprietario del Caffè Teatro di Verghera, che nella sua follia ci mise a disposizione la domenica sera per le nostre improvvisazioni. Da lì è iniziato tutto: in un anno abbiamo fatto 50 rappresentazioni e abbiamo capito di avere successo quando il pubblico ha cominciato a indossare vestiti leopardati per imitare i nostri costumi di scena…”. Del tutto inaspettato anche il successo cinematografico arrivato con “Tre uomini e una gamba”: “Non avevamo la benché minima idea di come si facesse cinema, siamo andati incontro a mille problemi e a tutte le “cialtronate” dell’ambiente, anche perché la produzione voleva spendere una cifra irrisoria. Basti pensare che la scena iniziale, quella in cui vestiamo i panni di tre gangster a New York, ce l’hanno fatta girare all’interno di una segheria, con un letto singolo recuperato chissà dove e un armadio che apparteneva alla nonna del proprietario…”.
L’attore, accompagnato dal direttore dell’ICMA Andrea W.Castellanza e dal regista e docente dell’istituto Angelo Bonfadini, ha poi risposto alle domande degli studenti, molti dei quali in procinto di tentare a loro volta la carriera artistica: “È giusto tener duro anche se arrivano i primi rifiuti – ha detto Giacomo – è giusto darsi da fare e impegnarsi in tutti i modi. Se uno non riesce ad arrivare dove sono arrivato io, non deve per questo credersi un fallito: ognuno partecipa della fortuna che gli è consentito di vivere, ma l’importante è avere la passione per il proprio mestiere, svegliarsi la mattina con delle idee e la possibilità di realizzarle”.
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