La famiglia senza casa torna ad accamparsi davanti al Comune

I servizi sociali avevano tamponato offrendo loro due settimane pagate in albergo ma i Lushaj, sfrattati, sono di nuovo in mezzo ad una strada e il capofamiglia chiede aiuto: «Sono in cassa integrazione, mia moglie è malata e incinta»

Dopo due settimane sono tornati con la loro auto ad accamparsi nel parcheggio di palazzo Brambilla, sede del Comune di Castellanza, Aleko Lushaj  37 anni con due figli e la moglie trentacinquenne Elida (nella foto a sinistra) con una insufficienza renale e incinta del terzo figlio. Da oltre due settimane non hanno più un tetto anche se lui, seppur in cassa integrazione, un lavoro ce l’ha. Fa il carpentiere e con i soldi che guadagna in questo momento, è in cassa integrazione, non riesce a permettersi la caparra di una nuova abitazione in affitto: «Siamo qui perchè chiediamo una mano al comune – racconta Aleko – io sono in Italia dal 2003 e qui a Castellanza risiedo con la mia famiglia da qualche anno. Non ho mai chiesto nulla e ho sempre mantenuto la mia famiglia con il mio lavoro ma adesso che sono in cassa integrazione lo stipendio è diminuito e sto pagando il prestito che ho acceso per pagare l’operazione a mia moglie. Lei è stata operata in Albania e l’Italia non le riconosce nulla». 

La storia di Aleko, Elida e quella dei loro figli, che vanno a scuola a Castellanza, è l’emblema delle difficoltà che stanno attraversando molte famiglie che hanno passato la soglia della vita dignitosa seppur modesta e sono piombati nella vera povertà. Sono le famiglie monoreddito, quelle che dipendono dal capofamiglia che va a lavorare. Una volta potevano resistere ma ora tra licenziamenti, mobilità e cassa integrazione sono in ginocchio. L’amministrazione, tramite i servizi sociali, aveva concesso ai Lushaj due settimane  in albergo pagate ma dal 1° aprile, cioè oggi, dovevano essersi trovati una sistemazione alternativa e in maniera autonoma. Sono iscritti alla graduatoria per la casa popolare ma sono troppo indietro in classifica per poterne avere diritto: «Prima ci hanno detto di portare dei preventivi di case in affitto ma ne abbiamo portato solo uno, l’unica casa che non fosse un monolocale a Castellanza – racconta Lushaj – ma ci hanno detto che non andava bene perchè era troppo costosa. Adesso ci consigliano di andare a cercare nei paesi limitrofi, ma come facciamo se i nostri figli vanno a scuola qui?». Per il momento, dunque, marito e moglie dormiranno in macchina davanti al Comune mentre i figli dormiranno a casa di amici che si sono offerti di ospitarli.

Isabella Airoldi, del servizio tutela minori, conosce bene il caso dei Lushaj: «Abbiamo fatto tutto quello che ci è consentito fare – racconta – i signori Lushaj hanno lo sfratto esecutivo da un anno ma sospettiamo che non abbiano fatto tutto quello che potevano per trovarsi un’altra sistemazione per tempo. Purtroppo ci sono molti casi ben più difficili del loro per assegnare una casa popolare in deroga». Secondo l’assistente sociale, dunque, i Lushaj si sarebbero ridotti solo all’ultimo momento per cercare una casa: «Abbiamo chiesto loro di portarci più preventivi di case in locazione – continua l’assistente sociale del Comune di Castellanza – ma ce ne hanno portato solo uno da 8 mila euro all’anno». Aleko assicura di aver provato a cercare in tutte le agenzie della zona ma la risposta è sempre stata negativa: «Sanno che abbiamo uno sfratto esecutivo e che io sono in cassa integrazione, poi mettiamoci anche il fatto che siamo albanesi – si sfoga – per questa serie di motivi non ci fanno nemmeno i preventivi. Se volete andiamo insieme nelle agenzie a verificare se non ho chiesto».

Insomma adesso è muro contro muro tra la famiglia Lushaj e il Comune che è intervenuto anche con il sindaco Fabrizio Farisoglio il quale ha commentato la vicenda in maniera piuttosto lapidaria: «Non c’è possibilità di avere una casa popolare per i Lushaj, non ne hanno diritto».

Come per la storia di Salvatore Genovese, il postino siciliano che viveva in auto dopo che gli era andato a fuoco il camper, anche in questo caso chiediamo ai lettori di Varesenews di segnalare una possibile sistemazione per la famiglia Lushaj utilizzando la mail riportata in calce all’articolo.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 01 Aprile 2011
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