Stidda e mafia unite per conquistare Busto
Le due organizzazioni, in concorrenza a Gela, avevano un accordo sul pizzo al nord. Ma non tutti i gelesi si sono piegati di fronte alle decine di incendi, minacce e sopraffazioni. La storia di chi ha saputo prendere di petto Rosario Vizzini
Nicastro e Vizzini. Stiddari e uomini d’onore, nemici formalmente in Sicilia, ma in affari a Busto Arsizio. Nel Sud del Varesotto avevano messo in piedi una sorta di consorteria con una spartizione della torta in parti uguali, senza pestarsi i piedi, da buoni conviventi. Rosario Vizzini, ormai da più di vent’anni uomo della mafia al nord, ha mantenuto il suo ruolo pluridecennale di leader indiscusso a livello lombardo per la mafia gelese, ma si è alleato nella riscossione delle estorsioni e nell’abuso di potere nel settore edilizio con i fratelli Fabio e Dario Nicastro. Un uomo che da solo sarebbe «arrivato a riscuotere qualcosa come 650 mila euro in un anno» – si legge dalle dichiarazioni di uno dei collaboratori che hanno collaborato all’inchiesta del pm della Dda milanese Paola Di Lorenzo, che aggiunge «più di una volta aveva fatto arrabbiare i suoi perchè non versava la percentuale sulle riscossioni».
L’ALLEANZA – Le nuove rivelazioni di collaboratori di giustizia contenute nell’inchiesta "Fire Off " hanno fatto luce, oltre l’ormai mitica operazione "Tagli Pregiati", sui rapporti ancora stretti tra i clan di origine, Rinzivillo-Emanuello da una parte e Madonia dall’altra, ormai uniti dall’unico interesse di capitalizzare al massimo il giro d’affari. Praticamente senza armi, almeno così sembra la realtà della vicenda di mafia bustocca in attesa di nuovi sviluppi e dei sequestri che ci saranno. Quasi tutte le vittime della loro voracità, infatti, si sono fatte intimidire molto con gli incendi e anche le botte ma, a parte qualche sporadico episodio (la pistola trovata a Vizzini), nell’ordinanza non si parla di arsenali, che invece erano in dotazione alla ‘ndrangheta di Lonate-Legnano.
LA PARTE SANA – In questo plumbeo clima di omertà tra gli imprenditori gelesi a Busto c’è la storia di una famiglia che si è opposta coraggiosamente, anche prendendo di petto Rosario Vizzini e Fabio Nicastro. Non hanno ceduto alla prepotenza mafiosa che il gruppo avrebbe cercato di imporre anche bruciando l’auto di famiglia. Una richiesta di danaro negata, il silenzio e all’improvviso l’attentato incendiario, poi ancora il silenzio e un altro appuntamento. Ufficialmente zio e nipote devono parlare di affari con Fabio Nicastro, ma quasi scatta una rissa quando lo zio viene avvicinato da Vizzini in maniera minacciosa alla presenza del nipote che interviene subito in maniera decisa, ma educata, additando il boss e dicendo «ma chi devi mandare!». Con dignità i fratelli e i loro figli hanno sempre negato quell’appoggio che mantiene in piedi la cosiddetta piovra, che stritola la crescita e il progresso civile.
IL BOSS – Rosario Vizzini, sessant’anni, è il perno centrale della continuità di un sistema culturale che si ripercuoteva sulla comunità gelese stessa da molti anni. I vari Nicastro, D’Aleo, Napolitano, Bonvissuto, sono cognomi noti a tutti i gelesi di Busto. In passato, però, è già stato assolto in cassazione dall’accusa di aver procurato l’arma per l’omicidio dell’avvocato Mirabile, avvenuto nel 1989 a Gallarate ed era uscito quasi indenne dall’operazione "Tagli pregiati". Da allora sono passati oltre vent’anni, ma il suo nome ritorna continuamente.
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