I 326 comuni che rischiano di scomparire
L'analisi di Legambiente: «Un comune su cinque potrebbe chiudere». In provincia di Varese sono 23 su un totale di 141 comuni.
Sono 326 i comuni con meno di 1000 abitanti in Lombardia: in pratica un comune su cinque potrebbe chiudere per sempre se si decidesse la soppressione di questi enti. Ma gli effetti di una simile decisione non sarebbero uguali per tutti: province come quella milanese o brianzola sono infatti pressocchè prive di micromunicipi (unica eccezione i 689 abitanti di Nosate), mentre al contrario in territori come quelli di Sondrio, Pavia e Como la riduzione degli enti sarebbe drastica. Sono soprattutto i territori montani quelli in cui resistono i municipi con popolazione ridotta ai minimi termini, spesso in condizioni difficili per carenza di servizi e collegamenti. Dall’oltrepò appenninico alla montagna orobica, quattro comuni su nove, per un totale di 196 comuni montani, hanno meno di mille abitanti. Gli altri 130 microcomuni si distribuiscono tra pianura e collina, dove solo un comune su nove ha meno di mille abitanti.
Nel dettaglio: a Sondrio sparirebbero 29 comuni su 78, a Como 45 su 160, a Pavia 84 su 190, a Varese 23 su 141, a Milano 1 su 134, a Monza Brianza 0 su 55, a Lecco 19 su 90, a Lodi 7 su 61, a Bergamo a 57 su 244, a Brescia 27 su 206, a mantova 2 su 70, a Cremona 32 su 115.
«Tagliare i piccoli municipi, oltre a non produrre significative riduzioni di spesa, getterebbe scompiglio nei territori più fragili e vulnerabili – dichiara Damiano Di Simine, presidente di Legambiente Lombardia – si tratta di aree, soprattutto quelle montane, da decenni dimenticate dalle politiche e dagli interventi di Stato e Regione, che hanno bisogno di una presenza istituzionale e di una governance più assidua e qualificata, non certo di un azzeramento di quella che spesso è l’unica istituzione presente».
Per Legambiente la questione delle risorse economiche non è solo essenziale per la sopravvivenza degli enti minori, ma ha anche profonde ripercussioni ambientali e territoriali: le riforme della fiscalità locale negli ultimi decenni, a partire dall’abolizione dell’ICI sulla prima casa, hanno lasciato gli enti sul lastrico, oppure li hanno costretti a rilasciare licenze facili per incassare oneri e tasse da seconde case e terreni edificabili.
«La fiscalità locale deve assicurare il flusso di risorse necessario ad assicurare i servizi fondamentali anche senza svendere il territorio alla speculazione immobiliare: per questo occorre ripristinare l’ICI su tutti gli immobili, rendendola equa e progressiva, e sopprimendo quella sui terreni edificabili, che è una vera e propria incitazione a speculare».
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