Metteteci la faccia
Non si placano le discussioni e polemiche intorno alle retribuzioni dei parlamentari
Qualcuno ricorderà cosa è successo il 14 agosto. In tutta fretta venne riunito un consiglio dei ministri per decidere provvedimenti di urgenza per salvare l’Italia dal fallimento. Oggi sembra di stare in un’altra epoca. Allora governavano Brunetta e la Carfagna, Sacconi e la Brambilla, tanto per ricordarne alcuni. Sappiamo come sono andate le cose. Questa settimana si arriva al voto della terza manovra finanziaria.
La situazione era drammatica e si trattava di mettere le mani nelle tasche degli italiani, anche con il cuore che grondava di sangue. Parlava così il premier Silvio Berlusconi. Oggi a piangere è un ministro tecnico. Quello che proprio non si capisce, ora come allora, è dove sia finita la decenza dei parlamentari.
Il rinvio a data da destinarsi dell’eventuale riduzione degli stipendi di deputati e senatori ha sollevato polemiche a non finire. La risposta dei presidenti di Camera e Senato nella forma è ineccepibile. Le regole istituzionali vanno rispettate e la separazione dei poteri è parte della democrazia. Hanno ragione e fanno bene a ricordarlo. Peccato però che quando passiamo alla sostanza si vada meno bene. Il populismo è pericoloso, ne sappiamo qualcosa dopo tanti anni che sembrava l’idea forte, quasi la Bibbia di chi governava. Ma va ancor meno bene l’ipocrisia, se non l’arroganza di un potere che ci racconta frottole.
Se il 14 di agosto stavamo fallendo, perché i parlamentari non hanno accelerato le loro ricerche per scoprire quanto guadagnano in Europa i loro colleghi? Perché è per questa ragione per cui non si possono prevedere riduzioni di stipendio subito. La domanda sembra avere poche risposte possibili. O i parlamentari sono così incompetenti (tutti) da non potersi occupare di tal faccenda in tempi urgenti, oppure se ne infischiano bellamente. E così la distanza da lorsignori al paese reale diventa un baratro. E questo si che è pericoloso.
La democrazia è anche un lusso, e dobbiamo permettercelo. Il lavoro dei parlamentari è fondamentale per la vita del nostro paese. Perciò i costi delle politica sono essenziali, ma occorre rimettere un po’ in ordine le cose. Basterebbe il buon senso, quello del buon padre di famiglia come recitano anche i nostri codici giuridici quando si parla di economia. Perché vale per il diritto un simile concetto e non vale più per chi esercita il potere? Deputati e senatori facciano in fretta perché non è in gioco un "piccolo" risparmio per lo Stato o la loro faccia, ma la credibilità di tutto un sistema che non può chiedere sacrifici urgenti e forti ai cittadini e dilazionare all’infinito un sempllice ridimensionamento di retribuzioni comunque elevate.
Bravi i parlamentari che mettono in chiaro la loro posizione. Ci riferiamo all’onorevole Pietro Ichino, a Emanuele Fiano e ad Alessandro Bratti (guarda caso tutti del Pd, chissà gli altri che ne penseranno) , ma forse proprio lì c’è qualcosa che non va tanto bene. Mettere in discussione la ricchezza personale raggiunta con competenza e professionalità non è un bell’esercizio, e noi ci sottraiamo perché questo disfattismo è pessimo e non ci porta da nessuna parte, ma davvero la distanza sta diventando troppa. Questi signori, stimati professionisti e politici, guadagnano da 70mila a 250mila euro annui. Non è proprio il reddito del 90% degli italiani. Ancor più preoccupa però la sciatteria e l’ignoranza di tanti signori e signore che siedono sui banchi di Montecitorio e Palazzo Madama.
Il nostro compito sarà controllare e raccontare come si muovono almeno i politici della nostra provincia. Non è per campanilismo, ma per competenza territoriale che ha un giornale come il nostro. Potrà sembrare poco, ma fin qui possiamo spingerci e lo faremo. Non è una minaccia, ma una promessa convinti che i nostri parlamentari e consiglieri regionali siano all’altezza del loro compito.
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