“Edilizia, verde, territorio: non ne devono discutere solo i tecnici”
La Federazione della Sinistra fa un bilancio della serate sul Pgt promosse dall'amministrazione comunale. E si dice anche preoccupata per il periodo in cui l'attuale Pgt rimarrà in vigore senza modifiche
Riceviamo e volentieri pubblichiamo il contributo inviato dalla Federazione della Sinistra di Gallarate e dedicato al percorso di revisione del Piano di Governo del Territorio. PRC e Comunisti d’Italia ribadiscono anche le preoccupazioni per il vecchio PGT voluto dal centrodestra e che rimarrà in vigore fino al termine del percorso di variante.
Con la serata di giovedì 26 gennaio si sono concluse le quattro serate ufficiali con cui l’Amministrazione di Gallarate ha cercato di coinvolgere la cittadinanza nella revisione del Piano di Governo del Territorio, lo strumento urbanistico oggi vigente attraverso cui vengono disegnati il futuro della città e i suoi possibili scenari di sviluppo, il quale introduce il concetto di “urbanistica contrattata”: ciò significa prevedere il governo del territorio e non una sua “semplice” regolamentazione.
Il ciclo di incontri in programma ha visto la partecipazione di quattro docenti del Politecnico di Milano, chiamati a portare la propria esperienza in tema di intervento sul costruito, di riqualificazione urbana, progettazione urbanistica e ambientale.
Si è partiti dall’analisi di quali potrebbero essere i processi democratici in grado di sviluppare, anche dal punto di vista energetico, una città non gerarchica e di coinvolgere – piuttosto che escludere – i cittadini nella costruzione delle nuove linee di indirizzo urbano, evitando di intraprendere scelte calate dall’alto e di imporre soluzioni non condivise nei loro fondamenti.
Le relazioni sono proseguite aprendo il ragionamento circa la necessità di ridurre il consumo di suolo nelle aree urbane, sostituendo la nuova edificazione con la riqualificazione del patrimonio architettonico già esistente.
Riqualificare gli edifici, se non implica direttamente un minore impegno dal punto di vista economico, sicuramente consente un risparmio delle risorse impiegate, sia nel breve periodo (riducendo il numero di edifici non più in uso, migliorando le prestazioni energetiche del costruito, e offrendo soluzioni d’alloggio diversificate per un tessuto sociale che si trasforma nel tempo), sia nel lungo periodo (riducendo gli impatti ambientali e le energie consumate nell’intero processo edilizio).
Già in passato diverse città italiane hanno tentato di definire un sistema pianificatorio che permettesse di rivitalizzarne i centri, tramite il recupero degli edifici presenti e lo studio di poli attrattivi che li rendessero appetibili per il cittadino.
Il riuso e la rifunzionalizzazione (sia di edifici per la residenza che per il terziario) significa, dopotutto, minimizzare gli investimenti economici e gli sprechi energetici e di territorio, con l’obiettivo di rivedere e attualizzare la vocazione di una città che per i più svariati motivi ha cessato alcune storiche produzioni.
Si tratta di una visione che, in una città come Gallarate, ormai quasi interamente cementificata, assume il valore di imperativo categorico.
L’accento della discussione si è poi spostato sulla necessità di progettare la città in maniera organica, che significa non prevedere interventi isolati ma che richiede una visione strutturale e di ampio respiro attraverso cui ricucire quei tessuti che nel tempo sono cresciuti in maniera disorganica e autoreferenziale. In questa prospettiva, il tema della progettazione degli spazi verdi, delle piazze e della viabilità rappresenta un aspetto dominante, da cui è impossibile prescindere se si vogliono definire spazi vivibili ma soprattutto fruibili dalla cittadinanza. Questo però presuppone una visione di lungo periodo e su larga scala, tale da rinnegare l’approccio al costruito sempre più spesso perseguito; oggi, infatti, la realtà gallaratese si caratterizza di interventi sporadici e tendenzialmente mal riusciti, che, nonostante denotino una certa vitalità amministrativa, denunciano una limitatissima lungimiranza e la carenza di studi preliminari alle loro spalle.
Il terzo incontro ha sviluppato alcuni dei temi precedentemente trattati, offrendo però un taglio diverso alla discussione: con l’ottica del compositore, che studiando la città nel suo divenire ne prefigura i possibili scenari futuri, la relatrice ha portato alcuni esempi di trasformazione urbana che, se non negli esiti, potrebbero essere interessanti punti di riferimento per l’iter metodologico che sta alla base delle scelte di intervento perseguite. Con l’ultimo incontro, invece, attraverso ragionamenti di indubbio spessore, i concetti di bellezza e di cura della città sono stati portati sul tavolo della discussione come chiave di lettura per reinterpretare alcune delle peculiarità orografiche, paesaggistiche e insediative che caratterizzano Gallarate e i suoi dintorni.
Da un punto di vista metodologico la scelta di aprire alla partecipazione collettiva la revisione dello strumento di governo del territorio è sicuramente encomiabile: le lectio magistralis tenute dai docenti universitari hanno indicato, secondo le loro differenti specializzazioni, quali possano essere i riferimenti teorici, quali gli obiettivi da perseguire, quali i valori in gioco nel prefigurare una città vivibile, sostenibile e di qualità, sia dal punto di vista architettonico che ecologico; hanno cercato di offrire alla popolazione una base di riflessione da cui partire per dare una chiave di lettura diversa del territorio, e hanno cercato di mettere a disposizione strumenti operativi nuovi con cui impostare il modello di città che si vorrebbe per Gallarate.
Ribadendo la convinzione che tali momenti pubblici siano stati importanti occasioni di confronto, si vuole qui sottolineare un aspetto critico che ha permeato l’iniziativa: la cartellonistica pubblicitaria diffusa, puntando l’accento sul tema del PGT, ha forse lasciato troppo in sospeso gli argomenti che sarebbero stati trattati durante gli incontri, facilitando l’erronea convinzione che si sarebbe discusso di Gallarate nello specifico. Si tratta di uno sbaglio comunicativo che ha trovato riscontro negli umori della platea e in alcuni dei commenti che, a caldo, hanno serpeggiato tra gli astanti: da quegli incontri ci si aspettava di sentir parlare della propria città, delle debolezze cui porre rimedio, delle problematiche cui prestare attenzione e delle potenzialità su cui fare leva. Così non è stato, ma semplicemente perché non era l’obiettivo degli incontri promossi. Anche nell’ultima serata infatti, nella quale l’amministrazione puntava a circoscrivere i ragionamenti nell’ambito locale contando sulla conoscenza del territorio posseduta dal relatore, autore dello stesso PGT oggetto di revisione, la città di Gallarate è stata relegata in secondo piano.
Questo ovviamente non inficia la bontà del ciclo di incontri né la validità delle posizioni sostenute dai diversi relatori, ma – con la speranza che ci possano essere altre occasioni di dibattito pubblico – richiede una rimeditazione sulle forme di comunicazione verso l’esterno, con la consapevolezza che la gran parte della cittadinanza, non essendo esperta del settore, potrebbe facilmente incorrere in interpretazioni sbagliate o potrebbe crearsi delle aspettative che sarebbe poi spiacevole deludere.
Presupposto essenziale per la buona riuscita delle strategie di partecipazione è dopotutto la chiarezza delle modalità attraverso cui quella partecipazione verrà ad attuarsi; questo si traduce, da parte dell’amministrazione, nell’esplicitazione chiara di quali siano gli obiettivi che si vogliono raggiungere con la concertazione cittadina, da parte della popolazione nell’accettazione che possa trattarsi di un processo lungo, in cui i campanilismi e gli interessi privati possono essere messi in secondo piano rispetto a benefici di scala maggiore e nel quale è necessario credere indipendentemente dal fatto che le cause della discussione (che siano il PGT, la realizzazione di un’infrastruttura, l’attuazione di un piano, ecc) coinvolgano direttamente il singolo cittadino ed i suoi diritti di proprietà.
Se così non fosse, il rischio – come peraltro dimostrato da alcuni interventi emersi in una delle serate del ciclo di incontri – è quello di escludere dalla definizione della città futura alcune figure basilari del processo, lasciando l’argomento di sola competenza degli architetti ed altri operatori del settore con il probabilissimo rischio di fallire l’obiettivo costruendo una città fonte di reddito ma non di cittadinanza.
A nostro parere si tratta di procedere per passi successivi; da un lato coinvolgendo sempre la popolazione nelle scelte, dall’altro promuovendo nuovi punti di vista, alle volte anche gettando il cuore oltre l’ostacolo; un esempio potrebbe essere quello di promuovere concorsi di architettura, che siano rivolti a giovani architetti emergenti o anche a studi di architettura più affermati, per la ridefinizione del futuro di edifici di pregio (vedasi Palazzo Minoletti), o brani significativi di paesaggio presenti nel nostro territorio comunale, la cui valutazione non deve e non può rimanere limitata alla, seppur valida, stretta cerchia delle “menti” gallaratesi.
E’ però anche necessario dire che in questo caso forse troppo tempo non c’è: il PTG, non essendo stato ritirato ma essendo in fase di revisione, risulta tutt’oggi vigente ed esecutivo. La nostra speranza è che in questi due anni di discussioni (ripetiamo validissime ed essenziali), gli operatori immobiliari non ne sfruttino tutte le possibilità edificatorie e le volumetrie concesse, evitando così di peggiorare una situazione già parecchio compromessa.
Federazione della Sinistra di Gallarate
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