La riforma del lavoro non mette tutti d’accordo

Il Governo la ritiene vitale, Emma Marcegaglia (Confindustria) spinge affinché vengano effettuate modifiche in Parlamento, il ministro Elsa Fornero è delusa dalle reazioni delle parti sociali

A due giorni di distanza dalla presentazione del disegno di legge della riforma del lavoro da parte del Governo, comincia la discussione sui punti chiave del testo: flessibilità in entrata e in uscita, nuove misure fiscali e riduzioni delle spese di funzionamento degli enti. Il Governo definisce la riforma vitale, ma Emma Marcegaglia (Confindustria) si dichiara insoddisfatta di questo testo, e spinge affinché vengano effettuate modifiche in Parlamento. Il ministro Elsa Fornero è delusa dalle reazioni delle parti sociali, e invita a evitare inutili teatrini.

Flessibilità in entrata – Vengono introdotti oneri aggiuntivi per le imprese: incrementerà il costo contributivo (che finanzierebbe la nuova indennità di disoccupazione, l’Aspi) e l’aliquota toccherà l’1,4% (salvo eccezioni per i contratti con lavoratori stagionali, apprendisti e assunti in sostituzione di colleghi assenti). Nuovi vincoli interesseranno i contratti a tempo determinato: il periodo di fermo tra un contratto e l’altro è fissato in 90 giorni, oppure 60 se la durata iniziale del contratto non supera i 6 mesi (attualmente i contratti a termine possono essere prorogati solo una volta e quando scadono possono essere riproposti 20 giorni dopo – 10 se il primo rapporto non ha superato la durata di 6 mesi). Viene raddoppiato il periodo di tempo entro cui è possibile impugnare il contratto in via stragiudiziale (120 giorni);

Flessibilità in uscita – Le ultime modifiche agli articoli prevedono che il risarcimento derivante dall’eventuale reintegro in caso di licenziamento per motivi disciplinari ed economici illegittimo (fino a 12 mensilità) sia decurtato da quanto il lavoratore potrebbe aver percepito nei mesi di estromissione, o dedicandosi alla ricerca di una nuova occupazione. L’articolo 62 stabilisce la perdita di ogni sostegno da parte dei lavoratori che rifiuta di partecipare senza giustificato motivo ad un iniziativa di politica attiva di ricerca di un nuovo impiego o non accetta un’offerta di lavoro retribuito per una cifra non inferiore del 20% all’indennità lorda a cui ha diritto;

Misure fiscali – Per risolvere il nodo delle risorse che finanzieranno il disegno di legge, sarà necessario recuperare 1,7 miliardi nel 2013 e 3 miliardi nel 2014, e 2-2,5 miliardi negli anni successivi. Come? Con una serie di misure fiscali che riguarderanno gli affitti (per i proprietari che affittano immobili e dichiarano con l’Irpef i relativi redditi, lo sconto forfettario è ridotto al 5% – dal precedente 10%), l’addizionale comunale sui diritti di imbarco dei passeggeri (da 3 a 5 euro dal 1 luglio 2013), le assicurazioni, con l’introduzione di una franchigia di 40 euro per la deducibilità dei contributi sanitari obbligatori, le auto (per i veicoli a uso promiscuo da parte dei dipendenti, le spese potranno essere dedotte del 70% anziché del 90%), gli enti previdenziali (verranno ridotte le spese di funzionamento degli enti) e il Ministero dell’Economia (riduzioni delle dotazioni finanziarie del Programma di spesa “Regolazioni contabili, restituzioni e rimborsi di imposta”).

Le reazioni – Le principali critiche al testo riguardano le modifiche alle norme dei contratti a tempo determinato, che danneggiano i lavoratori in entrata e le fasce giovanili. Secondo il parere degli esperti, il disegno di legge introduce nuovi vincoli che al posto di ridurre il precariato finiranno per orientare il mercato verso una caccia a forme di flessibilità meno regolari. La flessibilità in uscita è indebolita e verrà a crearsi una turnazione continua del personale a scapito dei lavoratori, con pause più lunghe e costi più alti. Marcegaglia (presidente di Confindustria) e Squinzi (presidente designato di Confindustria) definiscono pessimo il testo. Il Pd ritiene invece che la riforma sia un buon punto di equilibrio da non alterare. I sindacati di Varese  hanno già espresso la propria opinione, affermando che servono maggiori misure per favorire le imprese e le fasce deboli. E proprio mentre il Governo dichiara di non aver fatto alcuna marcia indietro, secondo il Wall Street Journal -che di fatto critica l’esecutivo- le modifiche alla riforma sarebbero una resa.

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Pubblicato il 06 Aprile 2012
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