Se vuoi crescere devi aggregarti
La conquista dei mercati esteri passa dalla crescita dimensionale, ma si puo crescere in più modi. Le esperienze della Maire Tecnimont di Fabrizio Di Amato e della Five for Foundry di Vittorio Ori
Crescere insieme e internazionalizzarsi. I due temi posti dal presidente di Univa, Giovanni Brugnoli, sono stati declinati nei due casi presentati a Malpensafiere, volutamente molto diversi tra loro: un grande gruppo internazionale, con oltre 5 mila dipendenti, e una piccola rete di imprese nata nel 2008 nel bresciano come reazione alla crisi. Due percorsi di crescita molto diversi tra loro per storia e metodo.
Ma come si fa a crescere? La domanda del direttore del Sole 24 ore, Roberto Napoletano, non ha una risposta univoca. «Il salto di qualità dimensionale – spiega di Fabrizio Di Amato presidente di Maire Tecnimont spa, società leader nell’engineering – l’ho fatto nel 2000, con l’acquisizione di una divisione di engineering della Fiat. Abbiamo messo insieme le competenze e le abbiamo fatto diventare il nostro core business». I numeri della Maire Tecnimont spa sono interessanti. Partito con soli 3 dipendenti, oggi Di Amato ne ha ben 5.270 : il 50 % in Italia, il resto nel mondo, soprattutto in India dove lavorano per la sua impresa ben 2000 ingegneri.
Per Vittorio Ori, presidente di Five For Foundry, la dimensione di azienda è stata raggiunta grazie alla rete costituita con altri 16 imprenditori, per lo più di Brescia. L’aggregazione ha fatto bene al fatturato, + 37% nel 2011, ma anche all’occupazione con 30 posti di lavoro creati nell’ultimo anno per un totale di 500 addetti. «Noi nasciamo nel 2008 – spiega Ori – ci occupavamo tutti di macchine per fondere materiali ferrosi. Ci siamo uniti perché in quel momento non si sopravviveva e quindi aggregarsi era una necessità, anche se mettere insieme sedici teste intorno a un tavolo non è la cosa più semplice. Le reti di impresa servono alle pmi, perché solo così noi siamo riusciti a prendere alcune commesse. Noi non vendiamo un prodotto, ma una linea intera, cioè proponiamo una filiera». Oggi la rete di Five For Foundry è internazionale perché sono entrate imprese polacche, tedesche e francesi. «La chiave per entrare nei paesi dell’est – spiega Ori – come fornitore è la Germania e per entrare in Germania devi avere un partner tedesco».
Conquistare nuovi mercati non è semplice, anche se si è grandi. Sia Cina che Russia sono quelli più gettonati, ma le condizioni di contesto, culturali e ambientali, non sono per niente facili. La Cin, ad esempio, promette i maggiori passi di sviluppo, ma è anche il paese più competitivo e difficile che c’è nel mondo, perché, strano a dirsi, richiede investimenti in cultura, emozione e sentimenti. L’internazionalizzazione richiede una presenza nel paese, non basta una singola missione. Insomma, andare a vendere il proprio catalogo non basta più.
A complicare il tutto ci si mette anche il sistema creditizio italiano, un riflesso del sistema paese non in grado di competere nemmeno con il proprio brand (il made in Italy è il terzo brand al mondo dopo Coca-Cola e Visa). «Nel credito abbiamo un gap forte con i tedeschi – conclude Di Amato – che va superato al più presto. I clienti ci chiedono banche non italiane in quanto comprano impianti completi, compreso il pacchetto finanziario. Il rischio è di venire esclusi da alcune partite, ad esempio i concorrenti coreani si presentano con pacchetti di finanziamento. Quindi se la credibilità del nostro sistema creditizio viene meno, sarà un problema».
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