Mario il panettiere che sfidò il mito di Coppi
Il Giro d’Italia Donne parte da Crugnola di Mornago: un paese dove il ciclismo è più di una semplice passione
L’ottava tappa del 23esimo Giro d’Italia Femminile Internazionale, il 6 luglio, partirà da Crugnola di Mornago per raggiungere Lonate Pozzolo: 117 km. dedicati alla tricolore Noemi Cantele. Crugnola è un paesino nella “bassa” della provincia di Varese: caldo torrido, campi coltivati a granturco, patate ovunque. Pianura. Un sodalizio tra cielo e terra, con una smodata passione per la bicicletta. Ovunque, un accento lombardo di dialetto morbido ma gambe da bacino del Po: elastiche e dinamiche.
Nella storia del paese passano Giri d’Italia e Tre Valli Varesine. Lasciano le loro tracce Gianni Motta, Giovanni Battaglin, Pietro Giudici con i suoi sei giri di Francia e dieci Giri d’Italia. Poi, Zampini e il Fornara della Crennese. I Passuello e i Favaro, i Pecchielan e i Prina. Si corre, si vince e si perde. Si vive di desideri. Lo fa anche Mario, che negli anni Trenta del Novecento, a vent’anni, salta sul sellino e immagina il traguardo. Pedala e si accorge che le salite sono un premio. Ai muscoli e al cuore non dà tregua: domani il lavoro, oggi un piccolo momento di gloria. Mario non ha “gli occhi allegri da italiano in gita”, ma anche lui – come tanti in quell’Italia dai grandi sentimenti – segue Coppi o Bartali. E l’inverno si ritrovano nel pantano del ciclocross e delle campestri. Come spettatori, aspettando la bella stagione.
Mario e le strade di polvere bianca, con il «dai e dai» del pubblico e le curve nel bel mezzo del paese. La sete, l’acqua, le cadute. Si riprende fiato: l’avversario è alla testa della corsa e non c’è spinta che tenga. Mario è un dilettante che non vuole aspettare. La notte impasta farina e lievito (e lo fa da quando aveva dieci anni); controlla raggi e palmer nel fine settimana.
Parte a razzo, condivide i gomiti con i compagni, si ritrova nel gruppo, sfreccia. L’odore del sudore e lo sciamare dei raggi si spandono nell’aria. I colori si fanno arcobaleno nell’azzurro dell’estate. La bicicletta ha due ruote, due gambe e un motore che non ha cilindri ma sangue. Gli occhi fissi sul manubrio, l’alzata sui pedali, le gambe che si fanno di marmo. Eppure, la bicicletta è un’oasi nel deserto della gara. Si prepara lo sprint, ci si arresta, si cade. Mario insiste e scollina. Ma sa che la sua corsa è un diversivo perché è nato contadino e panettiere. Pensa ai grandi, a quelli che ce la faranno. A chi non appenderà mai il mezzo al chiodo.
Mario cade e perde. Si ritrova ai margini della strada, fa ritorno a casa con il naso rotto e i lividi sul corpo. La maglia fatta a pezzi. Rinunciare: la parola rimbomba nella sua testa come uno scoppio. Ci sono ancora tanti chilometri da percorrere in quella terra di provincia. E tanti ce ne sono nell’andare a bottega, la notte, con la dinamo che fa i capricci e il fanale che va a singhiozzo. Ma è lavoro. E un lavoro c’é. Deve pensare ai campi e al lievito che sale durante la notte. Perché il giorno dopo, la gente può sentirsi più povera ma chiede il pane. Solo quello, ma almeno quello. Mario non teme la sconfitta, ma sa che a volte ci si deve arrendere. Per assicurarsi un domani che la bicicletta non gli potrà mai dare. Ma continua a pedalare, Mario. Lo fa la notte, contando i metri – uno ad uno –di quei 24 km. che da Crugnola lo portano a Gallarate. In solitaria, con il gelo che buca la pelle e con la brezza d’estate che rende meno faticoso il tragitto. Una corsa per la vita che Mario mi raccontava sulle sue ginocchia. E io gli chiedevo: «Andavi forte, nonno?».
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