Maturità: ceralacca batte bit
I computer non hanno cambiato totalmente il rito dell'esame di Stato (è il termine esatto). La chiusura del pacco con quintali di carta (gli atti dei lavori) è rimasta quella di una volta. E in quel momento accade di tutto
Non so perché, ma giornali e giornalisti (e spesso anche presidenti di commissione) continuano a parlare di «esami di maturità» a proposito di quelli che sono invece, dal 1997, «esami di Stato». Anzi, come recita per intero la norma: «esame di Stato conclusivo del corso di studio di istruzione secondaria superiore».
Certo, la vecchia denominazione evocava l’arcaico rito di passaggio, grazie al quale un adolescente poteva finalmente diventare «uomo». L’attuale dizione, invece, suggerisce più prosaicamente il necessario momento burocratico per ottenere la validità legale di un titolo riconosciuto dallo Stato.
Confesso di essere un po’ in ansia, come insegnante, per gli esami di Stato di questo 2012. Si annunciano, infatti, all’insegna della svolta digitale e telematica: le prove d’esame non saranno più trasmesse brevi manu da un carabiniere, in buste di cui bisognava verificare, «alla presenza dei candidati», l’«integrità». Il Ministero ha promesso, per quest’anno, la trasmissione per via telematica, nel nome (terribile) della dematerializzazione degli atti della pubblica amministrazione.
Ma, ne sono certo, il Ministero non potrà privarci di uno dei momenti più esaltanti dell’esame: la chiusura del pacco. Solo pochi fortunati hanno accesso a questo rituale antico e segreto che si consuma nel momento in cui tutte le formalità sono concluse. Il presidente e i commissari di ogni commissione, già con una mano all’ombrellone, si riuniscono un’ultima volta per impacchettare i documenti (quintali!) prodotti nel corso delle prove e delle interminabili riunioni. A quel punto, i colleghi più arditi devono dimostrare di saper impacchettare e saldamente legare con spago di canapa compiti, verbali, inventari, griglie di correzione e molto altro ancora (cioè: i quintali di carta prodotti nel corso dei lavori). Poi, arriva il momento più atteso: in quella circostanza l’insegnante si gioca la reputazione da parte del gruppo. Bisogna infatti sigillare con stampo metallico dell’istituto ospitante e ceralacca le corde ben serrate. Ebbene, in molti anni ho visto scene che voi umani non potete immaginare. Ho visto colleghi dare fuoco all’inviolabile pacco ministeriale; ho visto colleghi ustionarsi con accendini tenuti accesi per interminabili minuti sotto improbabili pentolini. Ho udito dotte e ricercate imprecazioni in lingue vive e morte mentre la cera lacca bollente scivolava morbidamente sulle dita dell’incauto collega.
Ho provato a chiedere ai miei studenti se sapessero cos’è la ceralacca. Nessuno ne immaginava l’esistenza. O almeno, l’esistenza al tempo della dematerializzazione. In quel momento, mi sono sentito orgoglioso e soddisfatto. Mi sono sentito parte di una setta depositaria di antichi rituali, contro cui nulla potrà mai la furia dematerializzatrice delle moderne macchine.
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