Elisa Russo: “Penso che la vera arte sia indipendente”

Intervista alla conduttrice radiofonica, scrittrice e blogger di Trieste che, insieme al fratello Ricky, ha ideato e condotto il programma ‘In Orbita’ trasmesso su Radio e Tv Capodistria

A volte si tratta solo di cercare bene perché prima o poi si trova quello che si cerca in maniera del tutto inaspettata. Come nel caso della musica indipendente italiana, che conserva la sua linfa vitale ormai fuori dai canali di cui si serve la musica “ufficiale” rinnovandosi grazie all’impegno di un nutrito e folto sottobosco di persone che si adopera organizzando concerti, eventi, ascoltando nuove proposte e canalizzando il passaparola degli appassionati attraverso la rete. Una rete a cui si augura di rimanere aperta, fresca e genuina senza sottomettersi alle leggi dello show business. Però, a parte la retorica, è giusto parlare di chi si adopera nel concreto per diffondere la musica indipendente. Una di queste persone è Elisa Russo, conduttrice radiofonica, scrittrice e blogger di Trieste che, insieme al fratello Ricky, ha ideato e condotto il programma ‘In Orbita’ trasmesso su Radio e Tv Capodistria. Questo progetto offre voce ad importanti artisti come Edda, i Sick Tamburo, Paolo Benvegnù che contribuiscono a rinverdire con maestria e originalità la scena underground italiana. Il blog gestito da Elisa si chiama ‘Deliri, desideri e distorsioni’ è un esplicito omaggio all’omonimo romanzo del giornalista musicale Lester Bangs, un vero e proprio nume nel panorama della musica rock e dei generi da essa derivati. Ma chiediamo alla diretta interessata qual è stata la molla che ha
fatto si che si dedicasse alla diffusione del sacro fuoco dell’arte.

Elisa, cosa ti ha spinto a dare vita ad un blog, ad un programma radiofonico e ad uno televisivo?
«Ho sempre lavorato in coppia con mio fratello Ricky. Entrambi amiamo la musica fin da piccoli. “In Orbita” (nome preso da una canzone degli Sciacalli) nasce nel 1997 come programma su Radio Fragola (emittente comunitaria triestina del circuito di Radio Popolare). Da quel momento, cominciamo a cimentarci con tutto ciò che si può fare attorno alla musica senza suonarla. Con la radio, si passa a Capodistria alla fine del 2004; nel 2008 si comincia con la tv. Si tratta di un rogetto bi-mediale: i live registrati nello studio di Tv Capodistria vengono utilizzati sia per confezionare un programma radio che un programma tv. Tra gli altri, hanno suonato alle "In Orbita Sessions": The Niro, Jennifer Gentle, The Mojomatics, Paolo Benvegnù, Tre Allegri Ragazzi Morti, Beatrice Antolini, Sick Tamburo, Samuel Katarro, Mariposa, Amari, Stefano Edda Rampoldi, Eva Poles, Gionata Mirai, Iosonouncane… Alcuni di loro hanno realizzato poi un cd della registrazione. Per esempio i triestini Abba Zabba e Stop The Wheel, o il milanese Stefano Edda Rampoldi. L’11 settembre 2010 è uscito il cd “Edda in Orbita”: 5 brani registrati nello studio Hendrix di cui 4 tratti dall’esordio di Edda (“Semper Biot”, Niegazowana 2009) ed una cover di Moltheni, “Suprema”. Dove c’è buona musica e possibilità di esprimersi con essa, noi Russos stiamo bene. Non importa che sia su carta, web, radio, tv, nei locali… ci basta nutrirci di essa. Io ho sempre scritto molto. Il blog “Deliri Desideri e Distorsioni” migrato ora sul sito www.elisarusso.com nasce per raccogliere tutti gli scritti pubblicati sul quotidiano Il Piccolo, i testi della mia rubrica radio e qualche inedito».

Cosa ne pensi della figura di Lester Bangs, il giornalista musicale che forse ha capito maggiormente l’essenza della musica Rock e della sua evoluzione?
«Lester Bangs diceva che “le rockstar sono persone”. Questa considerazione mi è stata particolarmente utile quando ho cominciato a lavorare in campo musicale. Avvicinarsi con rispetto sì, ma non pensare di trovarsi di fronte delle divinità. Lester Bangs andava oltre: a volte le rockstar le prendeva in giro, le insultava, ci litigava. Eppure le amava e le capiva, più degli adulatori. Diceva anche: “è difficile avere degli eroi. È la cosa più difficile del mondo. È persino più difficile che essere un eroe”. Ci sono pezzi di Bangs che ho letto miliardi di volte e che vorrei aver scritto io! Come il pezzo su Iggy Pop in cui dice “non ci si aspetta che un’apocalisse sia gestibile e quando il massacro è finito non è il pubblico a sanguinare”. Leggo e penso: cosa mai potremo aggiungere? Ha detto Tutto. “Le parole sono micidiali, porca miseria, e non si può scaraventarle in giro tanto per fare colpo”. Spesso mi dico che il rock’n’roll non è un lavoro part-time. Purtroppo se non si lavora duro e non ci si immola al suo altare, non si hanno risultati. Chissà, forse un Lester Bangs oggi verrebbe emarginato. Vorrei tanto che ci fosse uno che scrive con i suoi guizzi, i suoi sermoni, la sua sfacciataggine, il suo stile. Qualcuno che osasse andare oltre l’ovvio».

Che cosa è per te la musica Indipendente?
«Penso che la "Vera" arte sia per definizione Indipendente. Non dipendente da niente e da nessuno. Quindi la intendo in maniera molto ampia. Se qualcuno poi usa il termine “indipendente” per definire un gruppo di giovanotti oltranzisti che si sentono diversi dalla massa ma indossano tutti le stesse magliette e spillette, jeans attillati e stesso taglio di capelli bhè… non è quella la mia scuola. Riprendo una dichiarazione di Vasco Brondi che in merito disse: “Indipendenti da cosa? Dall’intelligenza?”».

Ci sarà un futuro per l’Indie-rock italiano?
«L’Italia è messa proprio male da diversi punti di vista, quello artistico compreso. Potrei parlare male di alcuni artisti che sono in pista da anni e non hanno palesemente più nulla da dire o di nomi nuovi iper pompati dalla stampa solo perché spiccano per assenza altrui. Invece farò il contrario e farò 6 nomi in cui credo moltissimo. Ho molto rispetto per gli Afterhours che hanno fatto un album bello e coraggioso come “Padania”; ad agosto ho visto un concerto degli Afghan Whigs al Koko di Londra e mentre questo bellissimo teatro si riempiva di inglesi e non, tra i brani che si ascoltavano c’erano alcuni estratti da “Padania”. È stato uno dei pochi momenti in cui mi sono sentita orgogliosa di essere italiana.
Credo molto in Edda Rampoldi, che ha fatto due dischi solisti bellissimi ma secondo me non ha ancora fatto il vero capolavoro assoluto di cui è capace e questo mi rende molto felice perché so che ha ancora un bel po’ di roba da tirar fuori. Credo ciecamente in Walter Somà che molti avranno conosciuto come autore di Edda: nei prossimi mesi uscirà il primo disco de IlVocifero, progetto di Somà, con Aldo Romano alla voce e ospiti come Edda, Gionata Mirai e Dorina Leka. Un disco che, vi assicuro, è una bomba. Credo molto in Dorina, cantante triestina potentissima che quando canta fa vibrare i muri (un album in uscita); in Toni Bruna cantautore che ha appena suonato a New York e San Francisco con testi rigorosamente in dialetto triestino. E, ultima citazione, per Eva Poles (ex Prozac+) una cantante favolosa che ha realizzato un album di debutto raffinato e maturo, ben sopra la media di gran parte dell’indie made in Italy. (Mi accorgo ora che ho citato artisti che forse non sono né indie né rock. Non è un caso!)».

Quali sono i tuoi libri preferiti?
«Leggo molti libri e biografie musicali. Mi hanno scardinato i libri di Henry Rollins come “See a Grown Man Cry” e “Get in the van”: Poesia Pura. Ho amato e riletto Lester Bangs, dallo stile unico: “Guida Ragionevole al Frastuono più atroce” (Minimum Fax); “Deliri Desideri e Distorsioni” (Minimum Fax). Mi hanno dato molti spunti: Steven Blush “American Punk Hardcore – Una storia tribale” (Shake Ed.); Legs McNeil, Gillian McCain “Pleas Kill me – il Punk nelle parole dei suoi
protagonisti” (Baldini e Castoldi). E poi mi piacciono molto le biografie dei miei idoli musicali: Johnny Cash “The Autobiography” di J. Cash with Patrick Carr (Harper Collins); Lemmy e Jannis Garza “La Sottile Linea bianca”, Alice Echols “Graffi in paradiso la vita e i tempi di Janis Joplin” (Arcana). Tra gli ultimi libri non musicali letti, mi sono piaciuti “Aspetta Primavera, Lucky”
di Flavio Santi, “Muori Milano Muori!” di Gianni Miraglia e “L’arte del Piano B” di Gianfranco Franchi».

Hai mai suonato/cantato o scritto in un gruppo musicale?
«Il mio sogno è sempre stato quello di essere una cantante, come Yvonne Ducksworth dei Jingo de Lunch. Non potendola emulare, ho rinunciato in partenza. Sarà per la prossima vita. In questa non ho mai avuto il coraggio di fare musica».

Cosa pensi della scarsa attenzione data dalle reti musicali e dai canali di informazione ufficiali alla cultura underground?
«Fino a poco tempo fa, tendevo a dare la colpa “al sistema”. Dopo un periodo all’estero, mi rendo conto che spesso in Italia mancano gli spazi e le situazioni perché nessuno si sbatte abbastanza per creare gli spazi e spingere certe realtà. Dovremmo rimboccarci le maniche molto di più e lavorare a testa bassa. Qui invece va molto più di moda passare le giornate su Facebook e sui forum a criticare gli altri, spettegolare, lamentarsi. E poi non muovere un dito. Spero in una Rivoluzione. Gli spazi non te li regala nessuno. Vanno conquistati. Parlare meno e agire di più».

E’ ancora possibile avere nuove trovate dal punto di vista stilistico e culturale nella scena indie? In che modo è ancora possibile provocare le coscienze senza passare per esibizionisti o blasfemi?
«Rispondo assieme a queste due domande portandoti l’esempio di colui che più stimo nel panorama musicale italiano, Edda. Lui è la conferma vivente che si può fare qualcosa di nuovo, toccante, provocatorio. I dischi de IlVocifero e di Dorina mi fanno lo stesso effetto. E guarda caso si tratta di artisti fuori da qualsiasi scena, clichè, movimento. Non inquadrabili. Outsider anche tra gli outsiders».

Hai nuovi progetti in mente?
«Devo concludere il mio primo libro, a cui sto lavorando da parecchio. È la biografia dei Ritmo Tribale e contiene molte interviste ai protagonisti della scena milanese anni 80 -90. A dicembre andrò a New York ed il prossimo anno di nuovo a Londra. In questo momento non sono in pace con l’Italia e ho bisogno di viaggiare. Spero di cominciare a lavorare di più con la musica internazionale, perché quella italiana comincia a starmi piuttosto stretta».

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Pubblicato il 11 Settembre 2012
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