“Ergastolo per l’olocausto familiare di Gavirate”
L'accusa chiede il massimo della pena per Mario Camboni, l'ex maresciallo della gdf che assassinò la figlia, e ferì il figlio, il giorno di pasqua del 2011
Il pm Luca Petruci ha chiesto oggi la pena dell’ergastolo per Mario Camboni, 71 anni, l’ex maresciallo della gdf che il 24 aprile del 2011 uccise la figlia Alessandra a coltellate e ferì gravemente il figlio Federico, nel suo piccolo appartamento di Gavirate, dove si era ritirato a vivere dopo la separazione di fatto dalla moglie. Secondo l’accusa, Camboni avrebbe agito con premeditazione, attirando solo i figli, il giorno di pasqua, con la scusa dello scambio degli auguri, agendo con furia omicida su Alessandra (nella foto), e inseguendo il giovane Federico che, seppure ferito dalla lama all’addome, riuscì a salvarsi chiamando aiuto in strada.
Il pm ha reclamato le aggravanti della crudeltà, della premeditazione, dell’aver agito contro un familiare. Per la procura non avrebbe avuto, in quei momenti, una mente annebbiata, come oggi vuole far credere, quando afferma che non ricorda nulla, e non sa perché ha colpito in quel modo i figli. In realtà, il pm ha ricostruito un contesto familiare difficile, in cui l’uomo era ossessionato dalla figura della moglie. Era, forse, psicologicamente distrutto dal fatto che lei lo avesse allontanato da casa perché la picchiava. Camboni, in aula, ha anche rivelato che non aveva più intimità con la moglie e che questo lo faceva soffrire. Un uomo, insomma, che si era sentito respinto e che potrebbe, dunque, aver agito, per ripicca, dirigendo la sua frustrazione contro i figli, ma avendo come vero bersaglio la moglie. Camboni, da par suo, ha parlato per circa 20 minuti. Non si è fatto interrogare, ma nelle dichiarazioni spontanee, ha affermato di essere pentito: ha detto che sta vivendo un incubo, ha persino ricordato di essere un militare, un tutore della legge, un amante della famiglia e un uomo di fede. Infine, ha sostenuto che, oggi, vorrebbe essere al posto della figlia morta, Alessandra, che amava e stimava, perché era diventata una brava psicologa. E a cui si era anche rivolto, per avere dei consigli, circa il rapporto con la moglie. Inoltre, ha manifestato stima e affetto per Federico, il figlio ferito così gravemente. Un pentimento accettabile? La parti civili (la moglie dell’imputato, e tutta la famiglia del figlio ferito, nipotini compresi) hanno osservato che si è trattato di un «olocausto familiare» e che un giorno, anche i nipoti, porteranno i segni di quanto è accaduto. Difficile dar loro torto.
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