Processo Fumagalli, il pm chiede sei anni
Il pm Agostino Abate ha chiesto 6 anni per l'ex sindaco Aldo Fumagalli, contestandogli i reati di concussione e peculato. La requisitoria é durata 3 ore. La vicenda è quella dei viaggi in auto blu per le “amiche”
Il pm del Tribunale di Varese Agostino Abate ha chiesto 6 anni per l’ex sindaco Aldo Fumagalli, contestandogli i reati di concussione e peculato. La requisitoria é durata 3 ore e si è conclusa alle 14. La vicenda è quella dei viaggi in auto blu per le “amiche” di Fumagalli, effettuati quando era primo cittadino di Varese. Uno scandalo sexy, che portò anche alle dimissioni di Fumagalli, nel 2005. Il politico allora era a capo di una giunta di centrodestra, ma era al secondo mandato, dopo aver guidato Varese per 4 anni, in precedenza, con una giunta monocolore leghista.
Il pm gli contesta 4 capi di imputazione, due di peculato (uso dell’auto comunale per trasportare ragazze, utilizzo della casa dei poveri per ospitare le amiche) e due di concussione (la richiesta di assumere tre amiche alla coperativa che aveva l’appalto delle pulizie in comune, e le pressioni alla titolare di quella cooperativa di fornire un alloggio per le giovani straniere).
Secondo il pm i viaggi, che sono stati documentati, non gli erano affatto dovuti e gli autisti furono utilizzati a capriccio dal sindaco. L’accusa ha parlato di «sfregio di qualsiasi regola» e ha citato con vigore un episodio in cui il “borgomastro”, in viaggio verso Monza per incontrare un’amica, fece giungere, dopo un guasto, una seconda auto comunale, solo per poter soddisfare le sue esigenze private. Secondo il pm «Fumagalli non ha ancora capito l’illiceità dei suoi comportamenti». Per questo è stato ancora più severo quando, in ordine al secondo episodio contestato – e cioè l’aver preteso le chiavi della “casa per le emergenze familiari” di via Vetta d’Italia, al fine di ospitarvi due ragazze straniere con cui aveva rapporti di frequentazione – ha affermato che «ha scaricato sui bisognosi la necessità di trovare un alloggio alle sue amanti. E’ una vergogna».
Con l’aggravante di aver cercato una vendetta politica contro il funzionario che pretese la restituzione di quelle chiavi, Silvio Pieretti (che a seguito di quella vicenda dovette abbandonare il comune) e del funzionario Francesco Spatola (che ha in corso una causa perché gli furono negati dei compensi).
L’accusa ritiene che sia fondata anche la concussione nei confronti di Augusta Lena, titolare della Settelaghi, la cooperativa che faceva le pulizie in comune, gestita da una donna che era legata sentimentalmente al fratello di Umberto Bossi, Franco Bossi, e che Fumagalli aveva indicato a processo come suoi amici personali. «Anche tra amici esiste la concussione» ha replicato in aula il Pm. Ricordando che per 3 volte l’allora sindaco leghista chiese alla Lena di assumere ragazze straniere a lui riconducibili, donne «non avvezze alla fatica». Fu per una richiesta pressante di Fumagalli che la Lena dovette mettere a disposizione, per l’accusa, un appartamento della cooperativa a favore delle amiche dell’ex sindaco.
Inoltre, il tribunale a inizio seduta ha respinto ancora la richiesta di utilizzare delle intercettazioni effettuate di nascosto nello studio di un investigatore privato, con alcune conversazioni tra Fumagalli e la Lena.
Infine, è curioso come questo processo sia passato alla storia per i “sexy viaggi” di Fumagalli e le avvenenti ragazze romene, ma in realtà la contestazione non riguarda episodi a sfondo sessuale: «Anche se il sindaco fosse stato colto da crisi mistica e fosse andato con l’auto blu a pregare sulla spiaggia di Reno, e non, come è accaduto, a mangiare la pastasciutta con le amiche straniere a casa dell’assessore Nicoletti, avremmo lo stesso contestato il reato di peculato» ha chiosato Abate.
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