Senza cassa integrazione e senza lavoro, il lungo inverno dei dipendenti Gimatex
Alle porte della stagione fredda i 50 ex-dipendenti della tintoria attendono dal ministero del Lavoro l'ok alla cassa integrazione ma nel frattempo l'azienda è fallita e i macchinari sono stati venduti. Una beffa che rischia di escluderli
Sono una cinquantina e sono rimasti sospesi nel limbo, come altre migliaia di lavoratori in Italia. Sono i dipendenti della Gimatex, tintoria dell’area industriale di Sacconago che ha chiuso i battenti nel marzo di quest’anno con la speranza che qualcuno potesse riprendere in mano una realtà produttiva che aveva macchinari nuovi, lavoro in abbondanza e maestranze preparate. Tutto era stato bloccato dalla chiusura delle linee di credito ai proprietari da parte delle banche ma il curatore fallimentare, subentrato alla procedura di concordato, aveva la speranza che qualcuno proseguisse l’attività. Purtroppo non è andata così e anche la richiesta di una nuova procedura di cassa integrazione è rimasta sospesa, proprio come le vite di quei lavoratori.
Se avessero chiesto la mobilità, probabilmente, oggi non sarebbero in questa situazione ma le prospettive, quando fu presa la decisione, erano diverse. Da marzo ad oggi, infatti, la richiesta da parte dei sindacati è ancora in attesa di essere valutata dal ministero del Lavoro, una speranza che si affievolisce di fronte alle restrizioni introdotte dalla legge Fornero che concede la cassa integrazione straordinaria solo a quelle attività che hanno una speranza di poter proseguire la produzione. La Gimatex ha visto svanire l’ultima speranza quando, nei mesi scorsi, il curatore ha venduto i macchinari per 850 mila euro, una cifra di gran lunga inferiore all’esposizione debitoria dell’azienda.
Questi lavoratori, ormai stanchi di cercare un lavoro che non si trova, ora si aggrappano ad una risposta del ministero che, se arriverà, non è detto che sarà positiva. Da marzo ad oggi hanno vissuto con la cassa integrazione del periodo ottobre 2012 – marzo 2013 (attorno ai 4 mila euro) e con una delle due mensilità arretrate, l’ultima forse verrà versata entro fine ottobre. Si avvicina l’inverno e il gas per scaldare la casa diventerebbe un lusso per molti di loro, qualcuno ha chiesto un prestito alla banca che ora rivuole indietro i soldi, qualcun’altro minaccia di farla finita, qualcuno attende inesorabilmente uno scivolo verso la pensione. Dei 54 dipendenti solo 4 o 5 hanno trovato un’occupazione e nemmeno stabile. Sarà un duro inverno per tutti loro.
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