Al Teatro Sociale per ricordare il rastrellamento di Roma

L’appuntamento, inserito nella stagione cittadina «BA Teatro» e realizzato con il patrocinio e il contributo economico della Fondazione comunitaria del Varesotto onlus, è programmato per lunedì 27 gennaio, alle ore 21

In occasione della Giornata internazionale della memoria, il teatro Sociale di Busto Arsizio e l’associazione culturale «Educarte» propongono lo spettacolo «16 ottobre 1943, ore 5.15 (Il «sabato nero» del ghetto di Roma)», dedicato alla memoria dei settant’anni dalla «razzia tedesca» che sconvolse la capitale. 
L’appuntamento, inserito nella stagione cittadina «BA Teatro» e realizzato con il patrocinio e il contributo economico della Fondazione comunitaria del Varesotto onlus, è programmato per lunedì 27 gennaio, alle ore 21. L’evento, che ambienta una scena dello spettacolo nelle vie intorno al teatro e che si avvale dell’aiuto di figuranti in costume, vedrà salire sul palco gli attori del teatro Sociale, con gli allievi del progetto «Officina della creatività» di «Educarte», iscritti ai corsi «Attori in erba» e «Chi è di scena? Il pubblico». Firma la regia e la riduzione scenica Delia Cajelli. I movimenti scenici e le coreografie sono a cura di Elisa Vai; la supervisione dei canti dal vivo è stata affidata ad Anita Romano. Luci e fonica vedranno all’opera Maurizio «Billo» Aspes.
La storia è di quelle destinate a lasciare un ricordo indelebile nella mente di l’ha vissuta e di chi ne ha sentito parlare. E’ 16 ottobre 1943, sono le 5.15 del mattino. È sabato, giorno della Shabbat, ricorrenza importante dell’ebraismo, nella quale ci si deve astenere dal lavoro e dedicare allo studio della Torah, alla preghiera e alla famiglia. I passi dei soldati tedeschi risuonano nelle strade del ghetto ebraico di Roma, all’altezza del Portico di Ottavia, quasi davanti alla Sinagoga. I militari bussano a tutte le porte, chiamano i capofamiglia e distribuiscono ad ognuno di loro un foglio nel quale sono indicate le istruzioni da seguire per il trasferimento forzato in Germania. Tutti gli abitanti -compresi gli ammalati, gli anziani e i bambini- devono lasciare le proprie case e il tempo per preparare le valigie è pochissimo. Una ventina di minuti appena. Il rastrellamento, che coinvolge oltre trecento soldati e anche altri quartieri della città come Trastevere e Testaccio, termina nove ore dopo, nel primo pomeriggio. Vengono catturate milleventiquattro persone, di cui duecento bambini. Tutti sono caricati a forza sui camion delle SS e condotti nel Collegio militare di Palazzo Salvati, in via della Lungara, dove rimangono per due lunghi e interminabili giorni. Il 18 ottobre, alle ore 14.05, gli ebrei imprigionati, in prevalenza donne, partono dalla stazione Tiburtina, stipati su diciotto vagoni piombati. Dopo sei giorni e sei notti di viaggio, arrivano nel campo di concentramento di Auschwitz. La maggior parte di loro muore subito, ucciso nelle camere a gas. Solo quindici uomini e una donna, Settimia Spizzichino, fanno ritorno a casa. Nessuno dei bambini sopravvive al lager; il loro futuro è «fumo che sale lento nel cielo».
Quella mattina d’autunno del 16 ottobre 1943, i cittadini di Roma, di quella Roma «città aperta» e casa del Papa che si credeva al sicuro, osservano e ascoltano le lacrime delle madri, le urla dei bambini, le preghiere degli anziani, il silenzio malinconico di padri di famiglia che sanno che il loro destino è segnato per sempre. C’è chi guarda sgomento e chi distratto, forse anche infastidito. Ma tutti capiscono che quell’ordine per la «soluzione finale» degli ebrei, arrivato da Berlino il 24 settembre del 1943 con un telegramma per il tenente colonnello Herbert Kappler, è stato eseguito. A nulla sono serviti i cinquanta chilogrammi d’oro, raccolti in solo trentasei ore (anche tra molti non ebrei) e portati pochi giorni prima nel comando delle SS di via Tasso, in cambio della tranquillità.
A raccontare per primo questa crudele e mesta storia fu, nel dicembre del 1944, Giacomo Debenedetti sulla rivista «Mercurio», con il saggio «16 ottobre 1943». Da questo breve scritto, pubblicato in volume l’anno successivo dalla casa editrice «Libera Stampa» di Lugano e accostato dai critici ai primi capitoli della manzoniana «Storia della colonna infame», parte lo spettacolo proposto dal teatro Sociale di Busto Arsizio e dall’associazione culturale «Educarte» per le commemorazioni cittadine della Giornata della memoria 2014.
Attraverso testimonianze, ricostruzioni storiche e interpretazioni letterarie, tra le quali i libri «16 ottobre 1943. La grande razzia degli ebrei di Roma» di Fausto Coen (Giuntina, Firenze 1993) e «Gli anni rubati» di Settimia Spizzichino (edizioni Comune di Cava dei Tirreni, Cava dei Tirreni 1996), verranno ripercorsi i vari passaggi che hanno caratterizzato la storia del «sabato nero» del ghetto di Roma, ultima tappa di un triste itinerario iniziato, nel settembre del 1938, con la promulgazione delle leggi razziali.

Informazioni al pubblico: Teatro Sociale, piazza Plebiscito 8, 21052 Busto Arsizio (Varese), tel. 0331.679000, fax. 0331.637289, info@teatrosociale.it, www.teatrosociale.it

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Pubblicato il 22 Gennaio 2014
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