Astuti: “Non sono io il candidato presidente”

Il segretario del Pd fa un passo indietro per l'elezione della Provincia, ma chiarisce che il partito farà una sua proposta. "La lista unica è una buona idea perché siamo in una fase costituente"

Samuele Astuti, a settembre si voterà per la prima volta il presidente della provincia con la nuova legge. Lo eleggeranno i sindaci e consiglieri comunali. Lei è il segretario provinciale del Pd ed è il sindaco di Malnate. Si candiderà a presidente?

«E’ una sfida appassionante interessante e importante per il nostro territorio, ma non mi sembra opportuno parlare di nomi, bensì di contenuti. C’è l’opportunità di creare davvero un progetto per il nostro territorio. Comunque non è nelle mie intenzioni quella di candidarmi».

Lo dice perché il suo mandato da sindaco scade nel 2016 e la legge stabilisce che non si possa eleggere presidente un sindaco all’ultimo anno e mezzo di mandato, o è una scelta precisa?
«In realtà i tempi tecnici ci sarebbero, perché l’elezione è stata indicata al giorno 28 settembre avrei 18 mesi per candidarmi, ma credo sia giusto fare altre valutazioni».

Secondo lei il presidente deve essere del Pd?
«Penso ci siano le condizioni politiche per una forte discontinuità rispetto alla passata gestione delle provincia. Penso a un candidato nuovo, sicuramente. Che poi sia del Pd, o di una lista civica, potremo valutarlo. Ma dovrà essere un presidente in grado di gestire in maniera lungimirante la costruzione della nuova area vasta. In questi anni è mancato, a mio parere, un progetto per il futuro della provincia di Varese. E se non arriverà in fretta, saremo ancora nella parte bassa delle classifiche».

Ma la Provincia esisterà ancora?
«Diventerà un’area vasta, un ente di secondo livello che avrà funzioni più di coordinamento che gestione. Aumenterà le potenzialità, lavorerà in sinergia con le amministrazioni. Gli indirizzi politici importanti passeranno dall’assemblea dei sindaci. Diventerà un luogo di confronto».

Ma che cosa farà la provincia?
«Tre macrocompiti. Quelli affidati dalla legge Delrio tra cui scuole, ambiente, territorio, trasporti. Una seconda parte riguarda la contrattazione sulle deleghe che le saranno affidate dalla regione. Varese ne ha già moltissime. Il terzo compito sarà quello di costituire un’area vasta di aggregazione di servizi tra i comuni».

Ma per fare tutto questo, serve una persona di grande esperienza, qualcuno in grado di essere un sindaco dei sindaci, o no?
«Ci vuole competenza e grande capacità. La competizione ormai è tra territori, e quello diventerà il luogo delle strategie di lungo periodo. Anche per chi vuole rilanciarsi nella politica industriale. C’è poi la sfida del rapporto con l’area metropolitana milanese e il tema di Malpensa. Il nostro futuro è quello di dare una specificità a questo territorio. Abbiamo il compito di renderlo più forte, attraente e con una identità. Dobbiamo evitare che diventi un dormitorio e una periferia milanese».

Sono tante cose, vero?
«E’ una sfida gigantesca ma anche bellissima, è importante che partiti e amministratori la colgano a pieno perché può dare un nuovo slancio al territorio».

Veniamo alla polemica politica di questi giorni. Il segretario regionale del Pd Alessandro Alfieri ha proposto una lista unica di candidati senza una vera competizione tra destra e sinistra, e anche dentro il suo partito ci sono già stati i primi no. Perché questa proposta? «La Provincia affronterà dal 28 settembre una fase costituente. Quando le sfide sono grosse e c’è da compiere un disegno delle regole, bisogna lavorare insieme. E’ importante che si ritorni a dialogare, ci vuole un confronto per portare un arricchimento. I tratti delle competenze provinciali sono ancora nebulosi, e c’è una parte costituente che va capita ancora fino in fondo. Noi del Pd siamo aperti al contributo davvero di tutti e questo lo voglio sottolineare».

Ma non avreste i numeri per eleggere il presidente da soli?
«Nessun partito è autosufficiente e almeno il 60% dei sindaci non è iscritto ad alcun partito. Se allarghiamo lo sguardo notiamo poi che ci sono tante province in Italia a rischio default».

Forse è anche difficile capire quali siano i numeri. Sindaci senza tessera, consiglieri di liste locali, insomma per i partiti non è tutto così chiaro…
«E’ un po’ complicato in effetti. Noi del Pd ad esempio abbiamo organizzato un tour sui territori per parlare con tutti e capirne le esigenze, ne faremo otto nei prossimi giorni».

Si tratteranno i posti a disposizione anche tenendo conto della guida dell’Ato e delle altre società provinciali? Una logica che non è mai mancata in questo genere di spartizioni…
«No. Le istituzioni sono uno strumento per aiutare il cittadino, e i partiti si devono mettere al servizio delle istituzioni. E’ evidente che su temi molto importanti nessuno deve essere escluso, compreso le liste civiche, ma bisogna fare un lavoro di qualità e non di poltrone»

Il Pd proporrà un nome?
«Il Pd si confronterà, ha le carte in regola per fare un nome e deve sentire la responsabilità di una proposta. E’ importante quello che accadrà il 28 settembre, ma è più importante pensare al risultato che potremo ottenere dal 29 in poi…».

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Pubblicato il 11 Luglio 2014
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