Non bisogna essere sceicchi per allevare cavalli arabi
Il purosangue arabo è un animale così bello, da poter essere assimilato a un’opera d’arte. Riassume in sé tre qualità fondamentali: eleganza, resistenza e velocità

Due mesi fa Pierluigi Grassi, responsabile del circuito di endurance per il ministero dell’Agricoltura, in occasione della presentazione della gara nel Parco del Ticino aveva fatto il punto della situazione sull’allevamento del cavallo arabo in Italia. «Gli allevamenti made in Italy hanno un patrimonio genetico eccezionale, ci sono linee di sangue molto interessanti» disse allora.
Si allevano cavalli arabi per le gare di endurance, appunto, o per i concorsi di morfologia. Ma qualunque sia la ragione per cui si alleva, i luoghi comuni non risparmiano nessuno. Il più diffuso è quello relativo alla presunta ricchezza degli allevatori, avallato da un discutibile redditometro. Niente di più sbagliato perché in Italia la passione per il cavallo è una “malattia” democratica che colpisce trasversalmente dagli imprenditori agli operai, e tutte le categorie sociali comprese tra questi due estremi.
Uno spaccato di questa composità realtà è l’allevamento “Il Paradiso arabians” di Giacomo Boscarino (foto sopra), un’oasi di tranquillità immersa nel verde di Fagnano Olona che ospita 65 cavalli arabi, tra i quali annovera campioni internazionali di morfologia come lo stallone Shams el Ashiraf figlio di Hassan Ashiraf e Ardesia Moniscione, altro prodotto nobile di un allevamento varesino. «Allevare cavalli arabi è pura passione – spiega Boscarino – i soldi c’entrano poco o nulla se non nel cercare di far quadrare i conti. La ragione di questa passione è da ricercare nelle caratteristiche di questo animale che ha qualcosa di speciale rispetto a tutti gli altri in termini di eleganza, rapporto con l’uomo e ricettività. È vero che sulle linee di sangue gli allevamenti italiani esprimono soggetti interessanti, la ragione è da ricercare nel fatto che in Italia ci sono una tradizione e una selezione antiche».
Dal 1979 esiste l’ Anica (Associazione Nazionale Italiana Cavallo Arabo), riconosciuta ufficialmente dalla Waho (World Arabian Horse Organization), che rilascia la certificazione per tutti i purosangue arabi nati in Italia, necessaria per esportarli e registrarli regolarmente in tutto il mondo.

Giancarlo, Pietro e Andrea sono diventati allevatori di cavalli arabi, non sono sceicchi ma persone normalissime, ex operai, pensionati e giovani professionisti che sacrificano molto del loro tempo libero e delle loro risorse, anche quando sono scarse. Hanno in comune un sogno: far nascere un campione che possa portare il nome della loro scuderia fino alle orecchie dei compratori arabi, assidui frequentatori degli allevamenti italiani, compreso quello di Fagnano Olona, a conferma della nostra qualità. «I cavalli arabi sono molto fertili – spiega Andrea Di Salvo – e per un allevatore una nuova nascita è sempre un’incognita perché la ricombinazione genetica può riservare molte sorprese».
(nella foto: Andrea Di Salvo, allevatore)
Il cavallo arabo è un animale così bello, da poter essere assimilato a un’opera d’arte. La sua testa è un compromesso ben riuscito tra armonia estetica ed efficienza aerodinamica. E poi ci sono gli occhi, grandi ed espressivi, capaci di comunicare meglio di un nitrito, il collo arcuato che si protende verso l’uomo come un ponte naturale, la schiena larga e corta, il torace possente, custode della sua forza, in passato risultata determinante in molte battaglie. L’arabo è in grado dunque di riassumere in sé tre qualità fondamentali quando si parla di cavalli: eleganza, resistenza e velocità, trasmesse a tutte quelle razze che, volendo migliorarsi, hanno attinto dalla sua migliore genealogia. Non troverete purosangue da corsa al mondo nelle cui vene non scorra almeno l’85% di sangue arabo.
Sono tanti gli appuntamenti internazionali riservati a questo splendido animale e l’Ashiraf style potrebbe dare ancora molte soddisfazioni a Boscarino e soci.
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