“Vogliamo un cambiamento vero”
La parola ai lavoratori e agli studenti: "Non mi posso permettere il lusso di perdere le tutele ancora prima di averle".

E’ dal palco di Piazza San Giovanni che prende senso la manifestazione della CGIL di Roma. «Ieri sera ho messo a letto le mie bambine, sono salita in macchina e sono partita per essere qui oggi», racconta Marina, una precaria della scuola. O Giovanni, operaio sulla metro 6 di Napoli che, interrotto dall’emozione, ricorda i compagni caduti sul lavoro. O ancora Michele, un giovane studente, che «non mi posso permettere il lusso di perdere le tutele ancora prima di averle». Con questi sogni e con questi desideri sono tantissimi i lavoratori che sono partiti venerdì notte alla volta di Roma con almeno 11.000 pullman, 7 treni speciali e un traghetto dalla Sardegna. 16 autobus sono partiti dalla Provincia di Varese che ha portato nella Capitale almeno 900 persone.
«E’ stata una manifestazione sopra le nostre aspettative –commenta Umberto Colombo, segretario provinciale CGIL– sia perchè non ci aspettavamo una tale risposta e sia perchè in piazza non c’erano solo i rappresentanti sindacali ma anche e soprattutto migliaia di semplici lavoratori, studenti e disoccupati». Uomini, donne e (alcuni) bambini che non hanno esattamente fatto una “vacanza romana” ma che hanno invaso la Capitale per lanciare un messaggio concreto al governo: «Matteo contaci, noi siamo qui».
Un urlo ripetuto più volte in una manifestazione che come mai da molto tempo a questa parte è stata un braccio di ferro tra i sindacati e il governo. E in piazza (e sul palco) c’erano tutti. C’erano i lavoratori migranti sfruttati nelle campagne, c’erano i dipendenti delle tante fabbriche in crisi, c’erano addirittura i 180 musicisti dell’Orchestra di Roma, licenziati nei giorni scorsi. C’erano tutti, anche i politici: Cuperlo, Vendola, Civati. Tutti fischiati, durante il corteo. «Questa non è una passerella, non è la conta di chi è qua e chi a Firenze -metterà poi in chiaro Susanna Camusso dal palco- ma è la piazza di chi rivendica risposte e vuole un cambiamento vero». Standing ovation. Perchè loro, i lavoratori che hanno percorso le strade di mezza Italia per arrivare lì, hanno ben chiara la loro ricetta del mondo del lavoro. Possono cambiare i nomi delle riforme, gli articoli dello statuto dei lavoratori o i ministri competenti ma, tuona dal palco un cassaintegrato «noi non intendiamo lasciare a quelli che potrebbero essere i nostri figli un trattamento peggiore di quello che abbiamo noi oggi».
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