L’autonomia dei lombardi passa dal bilancio e dal Brasile
Giornata difficile in Consiglio regionale, con M5S che vota il referendum della maggioranza e porta a casa il voto elettronico sul modello brasiliano. Maroni ha 18 mesi di tempi per indirlo
"Volete voi più autonomia", da Roma, ovviamente? È più o meno questo il testo del referendum consultivo approvato martedì in una lunga e tesa giornata in Consiglio regionale.
Per far passare la proposta, Maroni aveva bisogno di almeno 54 voti, cinque in più della sua maggioranza. Senza contare i mal di pancia in Ncd. I voti quindi dovevano arrivare dall’opposizione. PD e Patto Civico, il gruppo di Ambrosoli, non hanno mai lasciato spazio: i 30 milioni di euro a bilancio per organizzare il referendum erano e sono «inaccettabili» . È stato infine il Movimento 5 Stelle, scettico anch’esso all’inizio, a portare i voti necessari. A convincerlo la possibilità che con il voto elettronico (legge votata sempre martedì, prima di quelle del referendum) si possa risparmiare. «Si usa già in Brasile – spiegano -, facciamoci prestare gli strumenti necessari».
Il referendum in origine doveva chiedere ai lombardi se volevano diventare una regione a statuto speciale. E già l’esito delle urne poteva apparire scontato. Nei mesi, fra un ritocco e l’altro, il testo è stato notevolemente ammorbidito: “Volete voi che la Regione Lombardia, nel quadro dell’unità nazionale, intraprenda le iniziative istituzionali necessarie per richiedere allo Stato l’attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, con le relative risorse, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 116, terzo comma della Costituzione?”.
Una possibilità che la Costituzione italiana già offre con un percorso fra la regione e il governo. È l’articolo 116 che traccia la via: "possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei princìpi di cui all’articolo 119. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata".
Per questo PD e Patto Civico hanno portato avanti una battaglia per dire che il refendum è «inutile» e che la stesso risultato – condiviso da tutte le forze in Consiglio regionale – si poteva ottenere senza spendere 30 milioni di euro. «Ma con un refendum alle spalle la posizione della Lombardia sarà più forte», ribattono dalla Lega.
Martedì in Aula è andato in scena anche un difficile, e poi non riuscito, tentativo di mediazione con il PD: percorrere prima la strada istituzionale e, di fronte a un eventuale fallimento delle trattative con il governo, procedere tutti uniti con il referendum. Non ha funzionto e le parti sono rimaste sulle proprie posizione: il referendum passa con i voti della maggioranza e dei 5 Stelle (più il consigliere PD della Val Camonica).
Voto in Aula passato, sbandieramenti dei giovani Padani fuori dal Pirellone, grillini che non applaudono in Aula insieme alla Lega, ma nei fatti salvano la maggioranza su un voto fondamentale.
Cosa ne sarà ora del refendum? Non si celebrerà sicuramente prima dell’autunno: Maroni dovrà indirlo entro 18 mesi, ma è già d’accordo di non farlo durante Expo. Potrebbe essere in autunno, ma per rispramiare si potrebbe accorpare alle amministartive 2016. In più bisogna predisporre tutto per il voto elettronico, con incertezza quindi sulla cifra dei 30 milioni di euro che lo stanziamento iniziale potrebbe richiedere. Dopo tutti questi passaggi, infine, i lombardi potranno esprimersi sul loro desiderio di autonomia.
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