Nuove scoperte alla Chiesa di San Biagio

I lavori iniziati a maggio 2016 hanno permesso di scoprire una necropoli esterna, oltre a quella interna alla struttura

Una donna colpita con un pugnale, un uomo decapitato. Una piccola fibbia, un anello di bronzo, qualche moneta, chiodi, una chiave. Sono tanti i misteri da risolvere alla necropoli di San Biagio.

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Da anni interesse di archeologi e antropologi, la piccola chiesa fondata intorno al IX secolo continua a restituire scoperte. Dopo gli scavi effettuati tra il 2006 e il 2009 infatti, i lavori iniziati negli ultimi mesi hanno permesso di portare alla luce anche una necropoli esterna. 

«Durante il primo studio antropologico sono state documentate due morti violente: in un caso il cadavere era “decapitato” e nell’altro presentava una punta di lancia nel costato e, inoltre, una elevata presenza di scheletri di infanti, per questo – spiega la dottoressa Marta Licata -, abbiamo ripreso lo studio antropologico progettando un altro scavo per indagare un’altra zona cimiteriale presente all’esterno della chiesa. In particolare vorremmo chiarire la presenza o meno di altre morti violente e cercare di capire perché tutti questi bambini sono stati sepolti nella chiesa e se altrettanti sono sepolti fuori. Vorremmo riportare alla luce tutto lo spazio cimiteriale e le tombe in esso custodite, per rispondere a queste domande».

Nuovi scavi alla Chiesa di San Biagio

Da maggio è stata quindi indagata una piccola parte del territorio esterno alla chiesa: «Abbiamo trovato alcune sepolture di età rinascimentale in giacitura primaria: si cominciano già a vedere aree di cimitero documentabile. Si tratta di tre inumazioni di individui adulti in cassa di legno e due inumazioni di infanti, uno dei quali deposto in una singolare struttura a doppio coppo. Sotto quelle inumazioni si scorgono preesistenti sepolture a loculo litico di epoca precedente che saranno oggetto di studio con il prosieguo dell’indagine» aggiunge Marta Licata.

Uno studio voluto da Università degli Studi dell’Insubria e Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia, grazie ad un progetto sostenuto dalla Fondazione Comunitaria del Varesotto che continuerà nei prossimi mesi. «E’ una dimostrazione di cosa significa avere un’università sul territorio – ha spiegato Alberto Coen, Rettore dell’Università dell’Insubria -. Questa ricerca è molto importante anche se ci mette difronte alla mancanza di fondi per la ricerca. Speriamo di poter trovare altre risorse per continuare questi scavi». 

Un lavoro di infinita pazienza che prevede lo studio di ogni singolo pezzo recuperato: «quello che ci possono restituire questi reperti è importante. Dallo studio delle ossa possiamo capire come sono morti, traumi subiti dal corpo, età, cibo, eventuali patologie».

Durante il sopralluogo il professor Giuseppe Armocida, professore di Storia della Medicina e il tecnico del Dipartimento di Biotecnologie e Scienze della Vita, la dottoressa Marta Licata, hanno illustrato i primi ritrovamenti già effettuati e il progetto di ricerca sui resti umani che provengono dalle sepolture, curato dall’Università degli Studi dell’Insubria, sostenuto dalla Fondazione Comunitaria del Varesotto e guidato dalla parrocchia di S. Giulio Prete di Cittiglio.

Al sopralluogo hanno preso parte anche il Magnifico Rettore dell’Università degli Studi dell’Insubria, professor Alberto Coen Porisini; il Direttore del Dipartimento di Biotecnologie e Scienze della Vita, professor Giovanni Bernardini; l’archeologo, dottor Roberto Mella Pariani; l’ing. Antonio Cellina per il “Gruppo amici di San Biagio”, e Don Daniele Maola, parroco della Parrocchia San Giulio Prete.

Adelia Brigo
adelia.brigo@varesenews.it

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Pubblicato il 07 Luglio 2016
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