Con la solidarietà dei lavoratori varesini, il Perù produce latte per i bambini
I dipendenti della Novartis hanno deciso di destinare l'1% del premio variabile per obiettivi a progetti di solidarietà, l'azienda ha raddoppiato l'importo. L'Iscos Cisl ha presentato il progetto "Latte fonte di vita"
Si dice che la solidarietà debba essere muta, principio più che condivisibile, ma in alcuni casi parlare di alcuni progetti è importante perché possono essere d’esempio per altri. È il caso del progetto “Latte fonte di vita” il cui obiettivo è favorire la produzione di latte sugli altopiani andini per alimentare i bambini peruviani falcidiati dalla malnutrizione e dalle malattie.
L’iniziativa è stata presentata a Varese dall’Iscos Lombardia della Cisl (Istituto sindacale per la cooperazione allo sviluppo) – istituto nato nel 1988 che si occupa di tutelare i diritti dei lavoratori all’estero – durante una cena al ristorante peruviano El Crocante per la raccolta fondi. «Non c’è montagna in Europa dove non si produca latte e formaggio – ha spiegato Mario Ballante, segretario della Fim Cisl reduce da una recente missione nel paese sudamericano -. In Perù le mucche da latte ci sono ma in alta quota non c’è una filiera organizzata, mancano le mungitrici elettriche e le stalle e non ci sono generatori in grado di fornire l’energia sufficiente a sostenere la produzione che potrebbe essere interessante».
A sostenere concretamente il progetto ci hanno pensato anche alcune categorie, come quella dei chimici, che nella contrattazione aziendale hanno concordato con i lavoratori di destinare l’1% del premio variabile per obiettivi a progetti di solidarietà. «Il settore farmaceutico – ha spiegato Maurizio Ferrari, segretario provinciale della Femca Cisl – è sempre stato sensibile a questi progetti. Nel nostro caso la Novartis di Origgio raddoppia quella percentuale. Il sindacato unitariamente ha fatto un bel lavoro di sensibilizzazione perché l’adesione è della quasi totalità dei dipendenti, quadri compresi».
Il progetto ha anche l’obiettivo di evitare l’esodo di massa verso le città e lo spopolamento delle aree rurali, abbandono che non garantisce standard di vita accettabili perché, come ha sottolineato Ermanno Pagani nella sua introduzione, si tratta spesso di persone che vanno a popolare zone degradate e ai margini delle metropoli. Nonostante il Pil (prodotto interno lordo) peruviano nell’ultimo anno sia cresciuto del 5,8%, si è ancora lontani dalla formazione di una classe media, con buona parte della popolazione che versa in uno stato di grave povertà senza poter accedere ai servizi essenziali, soprattutto quelli legati alla sanità e all’istruzione. «Noi abbiamo vissuto con loro e toccato con mano che cosa è la povertà – ha aggiunto Andrea Zoanni – e la domanda che ci siamo posti fin dall’inizio è stata: qual è il limite vero della povertà?Le distanze non si misurano in chilometri ma in tempo perché le strade non ci sono e quando ci sono non sono percorribili perché piene di buche. Non c’è la nostra frenesia di fare le cose, ma c’è la consapevolezza che servono molte cose, soprattutto medicinali e materiale scolastico».
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