Sgominata una locale di ‘Ndrangheta, manette anche nel Varesotto

Oltre 150 carabinieri impiegati nella maxi operazione che ha portato alla cattura cattura di 30 persone ordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro

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Nella nottata del 18 ottobre, oltre 150 Carabinieri del comando provinciale di Crotone hanno setacciato i comprensori di Belvedere Spinello, Rocca di Neto, Caccuri, Cerenzia e Castelsilano, nonché di San Giovanni in Fiore e varie località delle province di Milano, Pavia, Varese e Monza-Brianza per la cattura di 30 persone ordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro.

Una maxi operazione che ha fatto scattare le manette con accuse di associazione mafiosa, omicidio, spaccio, estorsioni, ricettazione e porto d’armi e favoreggiamento. L’operazione ha avuto il suo epicentro al sud ma anche alcuni blitz nel nord Italia e in provincia di Varese dove grazie al reparto operativo è stato effettuato un arresto.

I provvedimenti, adottati dal gip di Catanzaro Antonio Battaglia, hanno smantellato una potente e pericolosa struttura di ‘ndrangheta nota con la denominazione di “Locale di Belvedere Spinello” e che vantava addentellati su sei località distribuite tra la provincia di Crotone (Belvedere Spinello, Rocca di Neto, Caccuri, Cerenzia e Castelsilano) e Cosenza (San Giovanni in Fiore), contando anche su propaggini operative in Lombardia (una ‘ndrina distaccata radicata nella città di Rho, alla periferia nord di Milano).

Proprio il numero delle cittadine calabresi epicentro dell’organizzazione ha ispirato il nome convenzionale dell’odierna operazione (“Six towns”), che ha preso spunto dalle indagini mediante riscontri di sorveglianza elettronica e “sul terreno” coordinate dai pm Vincenzo Luberto, e Domenico Guarascio, con la Supervisione del Procuratore Capo Nicola Gratteri della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, ai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Crotone e, per la parte di competenza, alle Squadre Mobili di Catanzaro e Crotone della Polizia di Stato.

Belvedere Spinello era l’epicentro dell’attività del gruppo malavitoso, capeggiato da Agostino Marrazzo che si avvaleva dei luogotenenti più fidati del proprio gruppo familiare (quali il fratello Sabatino Domenico Marrazzo, classe 1957, ed il cugino Giovanni “Giannino” Marrazzo, classe 1956).

Le indagini hanno avuto inizio a seguito del duplice omicidio di Tommaso Misiano e Gaetano Benincasa, perpetrato a Rocca di Neto il 18 luglio 2008. Tra le condotte contestate agli indagati, tra l’altro: gli omicidi di mafia commessi ai danni di Francesco Iona (1999) e Antonio Silletta (2006). Perpetrati con modalità particolarmente violente e sanguinose, quei delitti è stato accertato essere maturati nell’ambito della stessa organizzazione (di cui Francesco Iona era addirittura una figura di vertice), in esito a “regolamenti di conti” e dinamiche riconducibili alla gestione degli affari illeciti e alla scalata al controllo della “Locale”.

Ma anche il traffico di stupefacenti – cocaina in primis, ma anche hashish e marijuana – che, dalla Calabria o da stati quali Olanda, Belgio e Spagna venivano fatti confluire nell’hinterland milanese per lo spaccio sul mercato locale, gestito direttamente dalla ‘ndrina di Rho, “succursale” distaccata della “Locale di Belvedere Spinello”. La marijuana, in particolare, era coltivata anche nelle campagne di Castelsilano.

Dei 36 destinatari di provvedimenti cautelari odierni, in 32 si trovavano in stato di libertà: cinque sono stati sottoposti agli arresti domiciliari e proprio uno di questi è stato arrestato dai carabinieri di Varese a Uboldo; per ventidue si sono aperte le porte di Case circondariali dislocate sul territorio nazionale.
Cinque personaggi, irreperibili, sono attivamente ricercati.

Altri quattro (Luigi Buono, Angelo Oliveri, Giovanni Spadafora e Pietro Tassone) erano invece già in stato di detenzione, per altra causa, presso le carceri di Opera e Bollate oltre che di Padova.

Parallelamente, la Divisione di Polizia Anticrimine di Catanzaro ha sviluppato accertamenti patrimoniali che hanno consentito di verificare, nei confronti di Agostino Marrazzo, Giovanni Marrazzo, Sabatino Domenico Marrazzo e Saverio Gallo, che i beni agli stessi intestati e, comunque, nella loro concreta disponibilità, benché formalmente intestati a persone fisiche o giuridiche diverse, avevano un valore del tutto sproporzionato al reddito dichiarato.

Gli approfondimenti esperiti hanno determinato la Procura Distrettuale Antimafia ad emettere provvedimenti di sequestro di diversi beni immobili e mobili registrati, tra cui più di 50 terreni, 26 fabbricati e 8 veicoli, nonché diverse società ed imprese commerciali, per un valore complessivo di circa 7 milioni di Euro.

Su ulteriori personaggi sono stati raccolti elementi tali da configurare responsabilità di rilievo, pur in assenza di presupposti che consentissero l’adozione di provvedimenti cautelari

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Pubblicato il 18 Ottobre 2016
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