Il documentario sul massacratore dei monaci “Nel mio paese gli hanno dedicato una strada”
In Vaticano il docu-film sul più grande massacro di cristiani in Africa compiuto dalle truppe italiane. In paese una via e una ex scuola dedicate a Pietro Maletti
Della faccenda del generale Pietro Maletti, cui a CocquioTrevisago in passato venne dedicata una strada e addirittura una scuola, ci occupammo già un paio d’anni fa.
Ma la storia è materia viva, che lavora sotto le ceneri del tempo, e ritorna sempre. Proprio in questi giorni, dove si parla di memoria, è bene ricordare; e il pretesto arriva grazie ai social e a persone attente al passato.
Succede che su Facebook pochi giorni fa un cittadino di Cocquio Trevisago abbia pubblicato il link di un articolo che parla di ‘Debre Libanos’, documentario realizzato da Tv2000 – il canale satellitare della chiesa cattolica – , sul più grande massacro di religiosi e fedeli cristiani avvenuto in Africa nel 1937 ad opera delle truppe italiane. Il responsabile fu il generale Pietro Maletti, su ordine del viceré d’Etiopia Rodolfo Graziani.
Il docufilm è stato proiettato nella Filmoteca Vaticana il 1° dicembre scorso ed è andato in onda in tv venerdì 2 dicembre.
La decisione di realizzare questo lavoro di Antonello Carvigiani, con la regia e fotografia di Andrea Tramontano e a cura di Dolores Gangi cade nell’ottantesimo anniversario della conquista italiana dell’Etiopia.
Cosa si vede nella ricostruzione? C’è l’opera di ricerca storica, e memorialistica sul posto, e le testimonianze, tra cui quella di un sopravvissuto che quei giorni rimase al suo villaggio e non andò al monastero dove era in corso una festività religiosa, poiché i genitori così decisero: scelta saggia, che gli salvò la vita.
L’autore incontra ad Addis Abeba Ian Campbell, il maggiore studioso della strage, di fatto pretesto per regolare i conti con la chiesa etiope ritenuta da Graziani fulcro della resistenza contro gli italiani – vedi attentato alla sua persona – cui seguirono rappresaglie, e la spedizione punitiva al monastero, sfruttando il vicino precipizio che dalla piana di Laga Wolde scende nel letto d’un torrente Fincha Wenz.
E’ così che vengono uccise tra le 1.800 e le 2.200 persone, mentre il rapporto ufficiale di Graziani parla di “solo” 449 morti. Nel monologo teatrale “Mai morti” di Renato Sarti, viene ben ricostruita la mattanza. “Una pagina oscura e in gran parte rimossa che Tv2000 ha deciso di ricostruire come un atto di giustizia verso tanti innocenti morti, ‘martiri’ della Chiesa ortodossa etiope”, si legge nel sito della televisione.
Al generale Pietro Maletti, che diede l’ordine di compiere il massacro, vennero dedicate diverse strade.
In paese c’è chi passa di fronte alla ex scuola, guarda, e va otre senza farsi troppe domande; lo stesso vale per la strada, una via in parte defilata che sbuca al semaforo sulla statale, fra la chiesa e il campo di calcio. Ma c’è invece chi ricorda, e si indigna: “A Cocquio Trevisago, vicino a casa mia, ci sono una scuola elementare e una via dedicata al gen. Maletti. Nonostante le ripetute richieste da parte di cittadini, associazioni e persino dell’ambasciata etiope, quel nome (e quella medaglia d’oro) restano”, scrive Carlo sul suo profilo Facebook. E non succede solo qui.
Oltre che il caso di Cocquio Trevisago, c’è anche quello di Castiglione delle Stiviere, città che diede i natali a Maletti nel 1880. Della questione si è occupata infatti anche la Gazzetta di Mantova che in un recente articolo, dell’8 gennaio scorso, riprende la notizia del docufilm, specificando anche qui una curiosa analogia col paese del Varesotto, difatti a Castiglione delle Stiviere, in via Maletti, sorge una scuola dell’infanzia. Nulla di grave, certo. Almeno fino a quando un bambino non chiederà: “Papà, ma chi era Maletti?”.
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