Con tre funi si può fare un mestiere

La lavorazione mediante accesso su fune si usa in molti settori: dal giardinaggio all'edilizia, dalla carpenteria all'impiantistica, persino sulle piattaforme petrolifere. Fabio Luigi Paro di Confartigianato insegna come fare

Fabio Luigi Paro

Trentasette anni, geometra, una passione per la speleologia, un passato nel soccorso alpino e una certezza: Fabio Luigi Paro, del servizio Ambiente e Sicurezza/AreaLavoro di Confartigianato Imprese Varese, non soffre di vertigini. Anzi, se possibile – come tutti coloro che hanno imparato a sfidarlo – nel vuoto (sicuro) si ritrova un po’ come chiunque di noi su una scrivania: perfettamente a suo agio.

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Tre funi (quella principale, quella di sicurezza e una terza alla quale agganciare eventuali strumenti di lavoro) possono d’altronde fare un mestiere, esattamente come una scrivania per l’impiegato, un cantiere per il muratore, un quadro elettrico per un impiantista, una catasta di legna per un falegname e così via discorrendo. Quello che, tra il 2012 e il 2013, per Fabio è stato un vero e proprio mestiere “sul campo” è quello normalmente definito “lavorazione mediante accesso su fune”, declinabile nei siti industriali o nel cosiddetto “tree climbing”, ovvero la potatura di alberi in arrampicata.

Un po’ acrobata, un po’ funambolo, un po’ artista del vuoto: guardare chi, su un albero, volteggia tra funi, rami e imbracature, o in un cantiere affronta l’altezza senza il supporto di un ponteggio, è un po’ come immaginare l’altra prospettiva di un mestiere. Un mestiere che, anche in Italia, coinvolge ormai più settori d’applicazione: pulizie, edilizia, carpenteria, impiantistica, giardinaggio e imbiancatura/verniciatura. «Senza contare – spiega Paro – i sopralluoghi tecnici alle parti strutturali». E che richiede competenze sempre più raffinate.

Una volta formato, e tutorato, il personale specializzato nella lavorazione mediante accesso su fune può diventare il “plus” di un’azienda, sia in termini di costi (basti pensare alle spese da sostenere per montare un’impalcatura, anche per la necessità di avvalersi di personale munito di patentino Pimus, ed eventualmente occupare il suolo pubblico) che di offerta al cliente (ci sono zone dove è addirittura impossibile l’installazione di una impalcatura, tanto da dover fare ricorso al nolo con conducente di camion con gru o braccio meccanico).

Un mestiere relativamente nuovo, dunque, che tuttavia si va diffondendo. Per Fabio questo mestiere è maturato da una passione, quella per la speleologia, praticata da amatore con il Gruppo Grotte Saronno dal 2005: «Ho imparato a utilizzare i nodi, a vincolarmi a una struttura e le tecniche d’armo». E, poiché da cosa nasce cosa, il passo successivo sono stati i sei anni trascorsi nel Soccorso Alpino e Speleologico – IX zona. «E qui che ho affinato le competenze sull’utilizzo degli armi e le tecniche di recupero attraverso i corsi per operatore, tecnico e specialista». Un impegno, una sfida, anche un po’ con sé stessi, e un orgoglio, perché «impari a recuperare feriti bloccati ad altezze e in luoghi irraggiungibili persino agli elicotteri, a posizionarli su barelle sicure e ad allestire in poco tempo vere e proprie teleferiche in grado di trasportarli fino a terra».

L’ultimo passo è stata la trasformazione della passione in lavoro (anche come formatore). È il 2012. «Un collega del Soccorso lavorava per una società incaricata di selezionare personale specializzato per operare su piattaforme petrolifere». Algeria, Indonesia, Emirati Arabi: cantieri da togliere il fiato, piani di lavoro da studiare nei minimi dettagli, operatori da formare, addestrare, affiancare e rendere, infine, autonomi.

Cose da rambo, da “esploratori”, anime libere? Oggi no. Oggi la lavorazione mediante accesso su fune si va diffondendo anche nelle città. È almeno dal 2015, ad esempio, che i varesini sono abituati a fare i conti con gli arrampicatori del verde ai Giardini Estensi, dove spesso si svolgono corsi per tree climbers professionisti.

Ed è sempre meno raro vedere analoghi lavori in corso sulle pareti sempre più spesso a vetrata dei grattacieli milanesi. Da dove si comincia? «Da un mestiere al quale aggiungere un’offerta aggiuntiva, o dall’incremento di attività – racconta Paro, entrato in Confartigianato nel febbraio 2017 – Altre caratteristiche? Meglio non soffrire di vertigini e avere una buona forma fisica». Perché se calarsi è una questione di tecnica, risalire impegna gambe, polmoni, tecnica e competenze. Fabio tira fuori le foto: sul pc ne ha tantissime, perché certi ricordi, certi brividi, certe esperienze, non puoi affidarle alla sola memoria. Ci sono cantieri, siti industriali, cunicoli che esplorano il sottosuolo delle città, piattaforme, italiani, stranieri, tecnici esperti e personale da formare e al quale accostarsi per vedere che tutto funzioni come deve, che non corra rischi e, in caso di problemi, che sappia come affrontare l’imprevisto.

Per imparare il mestiere dell’”arrampicatore” di professione, si comincia con i corsi Dpi di terza categoria. Il 21 settembre Confartigianato organizzerà il primo al quale prenderà parte anche Fabio Paro in qualità di formatore. Si impara a prestare soccorsi in caso di emergenza. Per salire di livello, è possibile accedere a un secondo corso, della durata di 32 ore, anche pratico. Il resto è affidato alle gambe (perché non è sempre possibile terminare la giornata di lavoro con una discesa), al cervello, alla preparazione, alla gestione del rischio e ai tutor. Come Fabio, che ha fatto anche questo di mestiere prima d’arrivare in viale Milano, per portare il mondo delle funi nell’artigianato.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 10 Agosto 2017
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