Le rubano il computer in treno, un’app e i Carabinieri lo recuperano
Due mesi dopo il furto, un'applicazione segnala per qualche istante l'accensione del pc. I Carabinieri decidono di intervenire e lo ritrovano a casa di uno degli addetti delle pulizie di Trenord
Sono stati momenti di apprensione e concitazione, non per la particolare gravità del fatto ma perché una decisione sbagliata, un comportamento sbagliato, trovare la persona sbagliata poteva compromettere per sempre il risultato. Alle 20.00 la chiamata, transitata dalla Polizia di Stato di Torino. Alla risposta dell’operatore una giovane signora ha spiegato la propria situazione. «Ho smarrito il mio PC, circa 20 giorni fa, su un treno di Trenord. Ho chiamato tutti, tutti gli uffici lost and foud ma niente. Oggi è stato acceso e con un’applicazione che avevo installato so dove si trova».
Subito le verifiche. Il contatto con i Carabinieri della Stazione e le visualizzazioni del territorio su internet per capire chi fossero i residenti dell’indirizzo fornito. Dapprima all’indirizzo selezionato appariva una palazzina di tre piani, con almeno 6 appartamenti. Poi la correzione, no, c’è un’abitazione ad un solo livello. All’anagrafe due donne, madre e figlia. Allora dalla Centrale Operativa i contatti con i Carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile che erano di pattuglia. Si concorda l’intervento. L’idea era: quando i Carabinieri riescono a verificare che in casa ci sia qualcuno e riescono ad entrare, si può provare ad attivare l’applicazione e a far si che il Computer emetta dei suoni. Impossibile, risponde la vittima. Il Computer è spento. La localizzazione era di due ore prima e da allora è stato spento e non più riacceso.
Rischiare? Allora si prova a valutare la possibilità di attendere un nuovo collegamento. «Appena le dovesse arrivare una nuova notifica ci chiami subito, anche se la segnalazione le dovesse arrivare da un altro luogo. Manderemo noi immediatamente una pattuglia. Avremmo più possibilità nell’immediatezza», le indicazioni dell’operatore per il timore di entrare e non poter neanche dire «era acceso adesso qui». Poi la riflessione, e se non lo accendessero più?
Operatore e denunciante si sono parlati per qualche minuto. Il primo con il desiderio di soddisfare le aspettative dell’altra. La donna, rassegnata ad averlo perso a ripetere, per chiedere “gentilmente” di provare, e se non lo accendessero più. Poi un’ulteriore informazione: i collegamenti erano stati due, nel pomeriggio, di cui l’ultimo due ore prima ed entrambi dallo stesso indirizzo. «Allora perso per perso, proviamo» e il Carabiniere chiama nuovamente la pattuglia. Le raggiunge un’altra della Stazione Carabinieri di Parabiago, non si aveva certezza di quanto la localizzazione potesse essere precisa e soprattutto di quante persone avrebbero dovuto “affrontare” per procedere al controllo.
Difatti, all’indirizzo indicato una donna sola, di 80 anni. «Noi non abbiamo neanche internet a casa ma se volete controllare fate pure». Una brava persona la si riconosce subito e, ad un primo sguardo, nulla faceva pensare che dovesse dire bugie. In casa c’era soltanto lei. L’abitazione accanto un uomo di circa 65 anni che vive in casa con la moglie. Anche lì nessuna connessione internet ma, di più, l’uomo era appena rientrato dall’ospedale. Niente, poi fuori dall’abitazione, uno sguardo sul tetto e si vedeva, in bella mostra, un’antenna per connessione internet satellitare. Di chi è?
Alle spalle una terza abitazione. «Centrale facciamo un altro tentativo» comunica la pattuglia sul posto. Questa volta il tentativo giusto. Da subito la persona che apre la porta, una persona normale, nessun precedente e un’abitazione molto dignitosa, dice di non avere computer in casa. Poi, alla richiesta degli operanti, riferisce di lavorare per una società che si occupa delle pulizie sui treni di Trenord. Da lì l’incalzare delle domande. La connessione internet con l’antenna sul tetto, l’indicazione che il PC risultava connesso a quella connessione ed altre cose che lo convincono a confessare. Il PC era in una borsa nera, così come lo aveva dimenticato la denunciante, con mouse e caricabatterie. Tutto intero. Con esso trovato anche un tablet per il quale, al momento, non si è ancora riusciti a stabilire chi fosse il proprietario.
Poco dopo la comunicazione alla denunciante: «Signora, purtroppo per lei… non se ne potrà far regalare un altro. Lo abbiamo trovato». E lei “Sono felicissima… anche perché non me lo hanno regalato e lo stavo già ricomprando”. Nei prossimi giorni la restituzione.
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