“Ho vissuto Shoah e Desaparecidos e vi dico: non tacete mai davanti alle ingiustizie”
Vera Vigevani Jarach ha raccontato la sua storia ai ragazzi dell'ITE Tosi ribadendo più volte un messaggio: "Bisogna rompere i silenzi di connivenza e complicità e passare ad assumersi le proprie responsabilità"

«Ho 90 anni, sono una tosta e non starò mai zitta». È un fiume in pieno Vera Vigevani Jarach nel suo incontro con i ragazzi dell’ITE Tosi di Busto Arsizio. Lei che ha vissuto due tra le più grandi tragedie dello scorso secolo, la Shoah e la dittatura argentina, ha una grande certezza: «davanti alle ingiustizie non bisogna mai stare zitti».
Vera la prima ingiustizia l’ha vissuta da bambina, a Milano, «quando un giorno la maestra venne a casa dicendomi che non avrei più potuto frequentare la scuola». Erano appena state promulgate le leggi razziali «e non era giusto, io ero brava a scuola». Per qualche tempo grazie ad un preside disobbediente «ho frequentato alcune lezioni in segreto ma poi mia mamma convinse tutta la famiglia a fuggire in Argentina. L’unico che non partì fu mio nonno e poco dopo finì ad Auschwitz, dove non tornò più».
A Buenos Aires si è ricostruita una vita, si è sposata e ha avuto una figlia. «Nel frattempo però è arrivata la dittatura e mia figlia Franca rivedeva tutto quello che le avevo raccontato del mio passato. Lei non è stata zitta e così è diventata un bersaglio. Un giorno non è più tornata a casa da scuola e io non l’ho mai più rivista». Tutto quello che è arrivato dopo con il movimento delle Madres de Plaza de Mayo è entrato nella storia ma quello che Vera vuole sottolineare è come «la cosa peggiore è il silenzio, noi abbiamo sofferto molto per il silenzio».
Ed è proprio da qui che parte il messaggio che lascia alla platea di circa 200 giovanissimi: «Quando ci si accorge che ci sono dei sintomi di un qualcosa che è già successo bisogna stare attenti e quando vediamo che iniziano ad accadere delle cose qualcosa dobbiamo fare. Bisogna rompere i silenzi di connivenza e complicità e passare ad assumersi le proprie responsabilità».
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