“Fu lui a rapinare l’infermiera”, in carcere trentenne

L'uomo tradito dalle impronte lasciate sul vetro della vittima. L'indagine condotta tre anni fa dal Nucleo Investigativo di Varese

Avarie

I fatti riguardano quanto avvenuto tre anni fa in Valceresio, per i quali è finito in manette su ordine della procura della repubblica di Varese  (immagine di repertorio) un 30 enne di Brenta accusato, nel maggio 2015di aver rapinato, picchiandola con violenza, un’infermiera di Cuasso al Monte, provocandole un trauma facciale con contusioni multiple con una prognosi di 20 giorni.

Lo sono andati a prendere con le manette i carabinieri della stazione di Laveno Mombello.

Il trentenne, oggetto di un’indagine condotta tre anni fa dal Nucleo Investigativo di Varese e conclusa l’11 novembre del 2015 con il suo arresto, è stato definitivamente condannato.

Dopo aver trascorso un anno in custodia cautelare in carcere, dovrà scontare altri due anni di reclusione e versare una pena pecuniaria di 1000 euro.

I fatti contestati sono, appunto, quelli attinenti una rapina consumata dall’uomo e da un suo complice il 21 maggio 2015 ai danni di un’infermiera, che si stava recando a bordo della propria autovettura all’Ospedale di Cuasso al Monte.

La donna, uscita dall’abitazione e raggiunto un vicino incrocio, si accorgeva della
presenza di un veicolo parcheggiato sul margine della carreggiata, con un uomo che
le faceva cenno di fermarsi per domandarle alcune informazioni.

Dopo aver accostato veniva quindi aggredita dallo sconosciuto – l’attuale condannato – che iniziava a colpirla con violenza al volto, per poi aprire la portiera e continuare a sferrarle calci e pugni. Nel frattempo un complice si precipitava fuori dal veicolo mettendosi davanti all’auto per impedirle di ripartire.

Intimorita e frastornata, la donna cominciava a suonare il clacson e chiamava con il cellulare il marito, che raggiungeva il luogo degli eventi subito dopo che i malfattori, impossessatisi della borsetta, si erano dati alla fuga.

Nell’immediatezza del crimine la persona offesa, seppur frastornata, riferiva agli inquirenti le fattezze fisiche dei malfattori, che descriveva come due giovani di età apparente 25-27 anni, che parlavano un italiano corretto, privo di inflessioni dialettali.

Prendendo spunto dalle modalità con cui era stato perpetrato il delitto e considerando che l’aggressore di era dovuto sporgere oltre il finestrino leggermente abbassato, i carabinieri del Nucleo Investigativo di Varese avevano rilevato le impronte impresse sul vetro e, al termine dell’esame dattiloscopico, avevano accertato la corrispondenza delle tracce repertate con le impronte delle dita della mano sinistra dell’odierno condannato.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 22 Novembre 2018
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