La cucina italiana: tra passato e futuro
Dalla sua nascita, attraverso consigli e ricette, la “Cucina italiana” ha accompagnato l’evoluzione delle nostre tradizioni, offrendo suggerimenti e soluzioni

La crisi provocata dalla seconda guerra mondiale ha prodotto per il decennio successivo una situazione di povertà e di depressione economica.
E’ solo negli anni Sessanta che in Italia si può considerare esaurito il periodo post bellico, come testimonia il consumo medio pro capite di 3.000 calorie al giorno raggiunto nel 1968. Tra la metà degli anni ‘70 e gli anni ‘80 si riduce drasticamente il divario alimentare tra Nord e Sud, tra città e campagna. In questo periodo il modello alimentare cambia e si assiste all’introduzione dei prodotti confezionati, emblema dell’era moderna.
Questa rivoluzione culturale è sostenuta dalla rivista “La cucina Italiana”, fondata nel 1929, che offre alle casalinghe desiderose di modernità soluzioni più veloci ed efficaci nella preparazione del cibo. Gli alimenti preconfezionati consentono di avere a disposizione un assortimento più ampio ma non limitano l’utilizzo di prodotti stagionali e di prodotti locali di cui il nostro paese abbonda. Dalla sua nascita, attraverso consigli e ricette, la “Cucina italiana” ha accompagnato l’evoluzione delle nostre tradizioni, offrendo suggerimenti e soluzioni alle massaie e agli appassionati di cucina. Sfogliando il suo archivio storico, è curioso trovare alcune ricette davvero originali e a tratti bizzarre. Come ad esempio lo “sformato autarchico” del 1940, una ricetta che utilizzava le verdure avanzate, integrandole con prosciutto cotto, mortadella o polpa di maiale tritata: una ricetta dal nome virile, nonostante la morbidezza del contenuto.
Oppure il risotto all’alchechengio, una delle prime ricette futuriste degli anni ’30. L’anno venturo la storica rivista festeggerà 90 anni e spegnerà le candeline in un mondo in cui i media stanno dando uno spazio sempre più ampio ai temi legati all’alimentazione e alla cucina. Al di là delle mode, però speriamo che la “Cucina italiana” continui a rimanere fedele alla sua denominazione e a valorizzare il patrimonio della nostra cultura alimentare e della nostra tradizione culinaria.
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