Cibo e identità: un binomio imprescindibile

Sono trascorsi parecchi secoli, ma molte di queste abitudini sono tutt’oggi d’attualità

Generico 2018

Il consumo del cibo e la sua preparazione non assolvono solo alla funzione di nutrizione ma rappresentano anche un fattore di identità e di cultura.

I Greci antichi si rappresentavano come uomini civili in quanto mangiatori di pane, diversi e distanti da altri che preferivano ricavare il cibo dalla natura, vivendo di caccia, pastorizia e agricoltura, per questo erano detti barbari. Non a caso Omero utilizzava l’espressione mangiatori di pane per definire gli uomini. La civilizzazione viene fatta coincidere col momento in cui l’uomo comincia a mangiare pane e bere vino, vale a dire i primi prodotti che non si reperiscono in natura ma che presuppongono un intervento tecnico e pratico dell’uomo. La preparazione dei cibi diventa quindi emblema dell’evoluzione umana e del suo rapporto con la società.

Se fin dai tempi di Omero le carni consentivano di essere divise in porzioni per poter offrire all’ospite più importante la parte migliore, diventando così segno di potere e di prestigio sociale, minestre e zuppe prendono la forma del contenitore nel quale vengono servite. Non si possono quindi dividere ma, condividere tanto che l’origine stessa della parola “ministrare”, significa somministrare, distribuire, sottolineando più il valore delle modalità di consumo che il valore della pietanza. Ma che si trattasse di condividere carni o minestre, le cene dei Romani diventavano veri e propri banchetti, momenti di conversazione e di scambio di idee, occasioni per omaggiare gli ospiti con brindisi particolari e anche momenti di incontro per la nascita di relazioni sentimentali. Era infatti consueto dedicare alle donne amate o corteggiate un numero di brindisi pari alle lettere che componevano il loro nome. Ne è testimone Marziale, poeta e letterato del I secolo d.C, che afferma: “Tanti bicchieri siano per ciascuna quante sono le lettere del nome…”. Non mancavano poi le declamazioni poetiche, le danze e i giochi. Il banchetto era anche l’occasione per fare sfoggio della ricchezza e del prestigio acquisito con maggiore o minor buongusto dal padrone di casa. Una testimonianza letteraria è il “Satyricon” di Petronio, nel quale viene descritto il banchetto di Trimalcione, un liberto arricchito, simbolo dell’ostentazione. Sono trascorsi parecchi secoli, ma molte di queste abitudini sono tutt’oggi d’attualità.

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Pubblicato il 16 Gennaio 2019
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