La targa in memoria di Giorgio Perlasca torna nel Giardino dei Giusti

La targa posata sostituisce quella precedente, identica, che nella notte tra il 23 e il 24 settembre fu rubata da ignoti.

Giorgio Perlasca

Domenica mattina, in occasione della Giornata della Memoria è stata scoperta la nuova targa a ricordo di Giorgio Perlasca, grande italiano e Giusto delle Nazioni, il quale, mettendo a repentaglio quotidianamente la propria vita, riuscì a salvare migliaia di ebrei ungheresi dalla furia della barbarie nazista e dall’orrore dei campi di concentramento.

Alle celebrazioni hanno partecipato il Sindaco di Varese Davide Galimberti, il Prefetto di Varese Enrico Ricci, le Autorità militari, civili e religiose, i rappresentanti di ANPI, Associazione Nazionale Partigiani d’Italia e dell’Associazione Italia-Israele. Durante la cerimonia un gruppo di allievi delle Scuole Primarie Canziani e Don Bosco ha letto alcuni brani e ha decorato un albero del Giardino dei Giusti.

La targa posata sostituisce quella precedente, identica, che nella notte tra il 23 e il 24 settembre fu rubata da ignoti. Questo gesto vuole non solo essere riparatore di un atto che ha avuto come unico risultato quello di suscitare indignazione nell’intera cittadinanza. Si vuole anche ribadire con forza la necessità di far comprendere alle nuove generazioni l’assurdità insite nel concetto stesso di discriminazione delle diversità.

Il discorso del Sindaco Galimberti:

Oggi, 27 gennaio 2019, Giorno dedicato alla memoria della Shoah, giorno in cui ricordiamo il progetto mirante alla distruzione del popolo ebraico, al quale concorse anche la politica persecutoria avviata in Italia dal fascismo, viene ricollocata al suo posto la targa che ricorda Giorgio Perlasca, Giusto tra le Nazioni. Una mano anonima ed un gesto vigliacco l’hanno divelta da questo luogo, pensando così di cancellarne il ricordo. Noi siamo qui, oggi, per riaffermare i valori di civiltà contro una barbarie, che sotto forme diverse, ma con la stessa violenza e circondata dalla stessa indifferenza, sembra voler riemergere dal passato.

Giorgio Perlasca, di origine comasca, apparteneva ad una generazione che si era lasciata illudere dalla sirena fascista. In un momento di sbandamento culturale e politico, dopo la tragedia della Grande guerra, molti pensarono che le parole forti del fascismo, i suoi slogan efficaci, l’invenzione di un nemico sempre nuovo potessero rappresentare una risposta alla crisi novecentesca. Ma già nel 1938, dopo l’avvio, in Italia, di una violenta campagna antiebraica, Giorgio Perlasca iniziò a prendere le distanze dall’ideologia mussoliniana. Il suo nome è indissolubilmente legato all’impegno che profuse, a partire dal 1943, per salvare migliaia di ebrei ungheresi dalla deportazione. Degli ebrei ungheresi si occupò lo stesso Adolf Eichmann, uno dei maggiori protagonisti di quella che fu definita la «soluzione finale». Fu Eichmann che organizzò il trasporto ferroviario degli ebrei, che da tutta Europa erano destinati ai campi di distruzione.

Ciò che fa della Shoah un unicum nella storia dell’umanità fu la sua pianificazione, la lucida razionalità con cui fu progettata, le rigide procedure messe in atto e il coinvolgimento, per la sua realizzazione, di ogni apparato amministrativo, burocratico, giuridico, economico, poliziesco, militare. Ciò che ancora oggi ci fa rabbrividire e ci lascia sgomenti di fronte a quella pagina orribile della nostra storia è l’indifferenza con la quale interi popoli assistettero alla persecuzione e allo sterminio, interi popoli anestetizzati da parole e discorsi, che per anni si erano insinuati nelle coscienze, trasformando sentimenti ignobili in convinzioni. Dei quasi 800mila ebrei ungheresi censiti nel 1941, solo 200mila si salvarono. Di questi, migliaia si salvarono grazie a Giorgio Perlasca.

Non dobbiamo mai dimenticare che ciò che oggi ci commuove, ci procura angoscia e raccapriccio, e cioè le morti pianificate di milioni di innocenti, che avevano l’unica colpa di essere nati, è l’esito logico, inevitabile di una campagna di odio iniziata molti anni prima, trasformatasi poi in pratiche discriminatorie e sfociata inesorabilmente nella distruzione delle vite. Tutto ebbe inizio con l’additare una parte della società umana come responsabile di ogni colpa e di ogni sciagura. Tutto ebbe inizio con il convogliare il proprio rancore nei confronti di un nemico immaginario.

La figura di Giorgio Perlasca si eleva qui a ricordarci che è possibile reagire all’odio irrazionale, che è possibile rimanere uomini nel momento in cui tutti sembrano trasformarsi in belve. La figura di Giorgio Perlasca ci ricorda che è possibile reagire all’indifferenza, che è possibile reagire alla deriva disumana di una politica fondata sull’odio, che è possibile reagire ad una politica che costruisce il consenso inseguendo i nostri sentimenti peggiori.

Valgano, per noi oggi, le parole di ammonimento lanciate da Primo Levi nel suo ultimo libro: «Occorre […] affinare i nostri sensi, diffidare dai profeti, dagli incantatori, da quelli che dicono e scrivono “belle parole” non sostenute da buone ragioni».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 28 Gennaio 2019
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