Se il “decreto Pillon” fosse legge: l’avvocato risponde

Isabella Mauceri, esperta di diritto di famiglia e minorile, spiega cosa cambierebbe per i bambini coinvolti nelle separazioni, anche in caso di violenza domestica

Generico 2018

Attualmente al vaglio del Parlamento, il Disegno di legge Pillon propone di modificare le norme in materia di diritto familiare, con significative ripercussioni sull’affido dei minori in caso di separazione o divorzio.

Abbiamo chiesto a Isabella Mauceri, avvocato esperta in Diritto dei minori e di famiglia, di spiegarci cosa succederebbe con l’entrata in vigore di questa proposta.

. Come cambierebbe la tutela dei bambini nelle separazioni?
Negli ultimi anni, a partire dall’affido condiviso del 2006, il Legislatore ha cercato di mettere al centro del diritto familiare il minore, la sua tutela e il suo interesse ad una crescita sana ed equilibrata, incluso il diritto alla bigenitorialità. Il Disegno di legge Pillon, introducendo l’obbligo di “tempi paritari”, che di fatto riduce il principio della condivisione della cura del figlio a una mera questione di tempi, ignora l’interesse del singolo bambino. Da “soggetto da tutelare” il figlio diventa “oggetto da dividere” in tempi uguali tra i genitori. Tra l’altro in contrasto con la Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza che pone al centro i minori come soggetti di diritti civili, sociali, economici, politici e culturali che tutti hanno l’onere di promuovere e perseguire.

. Pillon propone di rendere obbligatoria la mediazione nei casi di separazione: cosa significa?
La mediazione familiare oggi è una possibilità offerta a tutte le coppie che si separano, ma renderla obbligatoria e a carico delle parti, allungherebbe i tempi dei procedimenti e limiterebbe il diritto alla separazione, discriminando chi non se lo può permettere. Ma la cosa più grave è che il disegno di legge non esclude la mediazione nei casi di violenza, ipotesi esclusa apertamente dalla Convenzione di Istanbul ratificata dall’Italia nel 2013. Cercare di preservare paternalisticamente “l’unità familiare”, a prescindere dal senso di responsabilità e dal diritto di autodeterminazione dei singoli, addirittura in caso di violenza, significa scoraggiare ulteriormente la denuncia delle violenze domestiche, troppo spesso taciute, e che portano a 3 donne morte ammazzate ogni settimana nel nostro Paese.

. I bambini verrebbero comunque ascoltati in sede di procedimento?
Sì, ma secondo regole più rigide e non per la loro tutela. Oggi l’ascolto del minore è un rimedio limite, garantito da regole precise. Come concepito nel DDL Pillon diviene invece una testimonianza, con il divieto esplicito di domande idonee a “suscitare conflitto di lealtà con un genitore”. E questo, unito alla previsione esplicita del possibile allontanamento da casa del bambino, comporta il rischio che ogni disagio o timore verso un genitore non emerga perché si ritorcerebbe contro la stessa vittima, invece che essere contrastato o risolto.

. Cosa prevede il disegno di legge nel caso di violenza domestica?
Sostanzialmente niente, questo è il dramma. Non vi è definizione di violenza. La parola compare solo in due punti del testo, come se non fosse fenomeno attuale di pesante ricorrenza. È impedita l’emersione della “violenza assistita” e sono in pericolo anche le Case-rifugio dal momento che all’art. 14 viene vietato al genitore di fuggire da casa con la prole.

. Cosa implica invece il mantenimento diretto, altro principio cardine del disegno di legge Pillon?
Il mantenimento diretto segue l’affido su tempi paritari. In pratica ogni genitore provvede al figlio, con le proprie finanze, per il tempo in cui gli è affidato. Ciò pone il figlio in una situazione di squilibrio nella sua realtà, scissa tra due genitori, due case, due stili di vita. Ciò può amplificare il conflitto e portare al rischio di inesigibilità del credito del genitore che, per esempio, avesse anticipato delle spese per i figli.

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Pubblicato il 15 Febbraio 2019
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  1. Avatar
    Scritto da gloiacono

    Io credo che sia necessaria una riforma della separazione e divorzio che deve partire da sue premesse fondamentali e lessicografiche:
    – tutelare i minori;
    – garantire equità e parità di diritti tra i coniugi.
    Riguardo all’aspetto economico il matrimonio richiede che il coniuge più debole economicamente, sia uomo sia donna, debba essere supportato dall’altro coniuge, se non è in grado di mantenersi e questo deve continuare;
    Riguardo alla violenza, ovviamente chi è autore di violenza (sia uomo sia donna) deve essere cacciato via di casa se la violenza è grave ed urgente. Se c’è una denuncia per violenza, ma non urgente, il denunciato va sottoposto a giudizio ordinario del giudice. Anche in caso di infedeltà ed abbandono nei casi più gravi si può decidere l’allontanamento del coniuge colpevole.
    In tutti gli altri casi ci vuole una legge perfettamente simmetrica tra uomo e donna, perché se no è evidente che la parte tutelata dalla legge ne può approfittare indebitamente.
    Io credo che vada tutelato il nucleo famigliare, e quindi chi chiede la separazione (sia uomo sia donna) se ne deve prendere le responsabilità. Deve lasciare la casa perché se decidi di andare via la responsabilità è tua. Chiaramente i figli e l’altro coniuge hanno diritto di rimanere dove sono perché fanno parte della famiglia. I coniugi possono decidere diversamente di comune accordo, ma questa deve essere la regola e non l’eccezione.
    Il decreto Pillon va abbastanza nella giusta direzione. Si può migliorare, ma certo è un passo avanti rispetto alla legge esistente.
    Superare il problema della permanenza dei figli in due domicili diversi è abbastanza facile, basta che i figli rimangano dove sono sempre stati, ma possono decidere diversamente di comune accordo con i genitori.
    Riguardo al mantenimento dei figli, ovviamente entrambi i coniugi devono contribuire adeguatamente e questo va controllato, ma ha ragione Pillon nel dire che il contributo del genitore deve andare direttamente ai figli e non passare dalla gestione dell’latro coniuge, che può non essere trasparente. Inoltre, oltre alla trasparenza, è fondamentale garantire ad entrambi i genitori di poter provvedere direttamente alle spese dei figli, per una questione di responsabilizzazione e di diritto del genitore a decidere le spese di comune accordo con i figli, non solo con l’altro coniuge ed in base alle proprie preferenze di genitore, preferenze che vengono ingiustamente eliminate dalla legge attuale (ovviamente a meno che non ci siano cause oggettive che impediscano il contributo diretto).
    E’ evidente che la legge attuale calpesta i diritti del genitore non collocatario (sia uomo sia donna) e questo è del tutto inaccettabile.

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