La disobbedienza civile di don Milani è più viva che mai

Incontro alle Acli con Ruffino Selmi, Agostino Burberi, uno dei primi alunni di don Milani e con Don Renato Sacco, coordinatore di Pax Christi. "Il priore ci ha insegnato l'importanza della disobbedienza civile"

Generico 2018

Sono passati più di 50 anni dalla sua morte, ma la figura di don Milani continua a far discutere e a suscitare attenzione. I suoi messaggi sono vivi e parlano anche alle nuove generazioni.

“È un gran piacere vedere i ragazzi delle classi delle scuole medie interessati alla mostra sulla scuola di Barbiana. Dopo aver fatto le foto, si siedono per terra e scrivono sui loro block notes. Restano colpiti dalla storia e dall’attualità dei valori a cui si fa riferimento. Che poi sono quelli della nostra Costituzione”.

Ruffino Selmi della Acli di Varese apre con una riflessione sulle giovani generazioni l’incontro con Agostino Burberi, uno dei primi alunni di don Milani e con Don Renato Sacco, coordinatore di Pax Christi.

“È difficile portare i giovani ai nostri incontri, – prosegue Selmi – ma grazie al buon lavoro di alcuni insegnanti la mostra installata qui in via Speri della chiesa a Varese, sta funzionando bene. Oggi andiamo contro corrente perché sembra prevalere un grande egoismo, ma l’insegnamento di Barbiana resta vivo e ci interroga su come vivere il nostro prossimo”.

Agostino Burberi, “Gosto”, come lo chiamavano nella sua Toscana, vive nel nostro territorio da diversi decenni. Dopo una carriera sindacale è stato il fondatore delle Marmotte, le agenzie di viaggio. Grande amico di Michele Gesualdi, scomparso un anno fa, è nato e ha vissuto a Barbiana tutta la sua infanzia. Don Milani è stato il suo maestro e oggi è molto attivo nella Fondazione Milani che continua a tenere viva la canonica e gli spazi della scuola.

“La lettera del mio maestro “L’obbedienza non è più una virtù” è di grande attualità. – Racconta Burberi – Don Milani prese una posizione netta rispetto alle dichiarazioni dei cappellani militari che scrissero un comunicato pubblicato su La nazione in cui si affermava che gli obiettori di coscienza erano vili.
Il priore ci fece lavorare studiando tutte le guerre con il metro dell’articolo 11. Nessun conflitto era di difesa. Erano tutti animati da spirito di aggressione eccetto quella di liberazione. Lo scritto della nostra scuola fu pubblicato da Rinascita e a seguito di quell’uscita un gruppo di reduci denunciò don Milani, il direttore Pavolini e il giornale. Il priore venne assolto e poi condannato in appello.
Don Milani scrisse così una lettera come autodifesa in cui diceva ai giudici “Voi giudicate con le leggi, io come insegnante devo insegnare la legalità, ma anche la capacità di vedere attraverso gli occhi dei ragazzi aiutandoli a interpretare la loro volontà”. Così ci diceva che le leggi sbagliate andavano combattute e cambiate, e queste secondo Milani erano quelle contro i poveri. Quando non basta manifestare è il momento della disobbedienza civile. La patria del priore era quella degli oppressi in antitesi a quella degli oppressori. Bisogna insegnare ai giovani ad esser responsabili di tutto. Il modo di dividere si ripete e in ogni epoca ha sue modalità. È scomodo disobbedire. Milani lo fece su tante cose pur rimanendo dentro la Chiesa. A Barbiana quando morì c’erano 46 abitanti. Noi oggi dobbiamo avere il coraggio di reagire a una situazione dove si respira male. Anche con il coraggio delle disobbedienza civile rispetto alle leggi ingiuste che se la prendono con gli immigrati”.

Don Renato Sacco, coordinatore di Pax Christi, è noto per la sue posizioni forti rispetto alla pace. Come tanti ha in don Milani un vero maestro spirituale e di vita.

“Sono contento di esser qui per partecipare a un incontro con Agostino Burberi. Lui ha vissuto un’esperienza unica ed è un piacere poterlo ascoltare. Io devo ringraziare la mia professoressa del liceo che per la prima volta mi permise di conoscere don Milani. Allora era molto sentito il tema dell’obiezione di coscienza. Dopo tanti anni ci ha colpito molto vedere il papa a Barbiana che chiedeva di poter apprendere da questo bravo prete riferendosi a Milani. Non è sempre stato così, perché il priore era considerato un eretico e venne messo in disparte dalla Chiesa.
Oggi molte cose sono cambiate e viviamo un’epoca dove sembrano contare i tweet, i follower e non il primato della coscienza. Qualcuno come don Milani invece ci ha insegnato a disobbedire e colpisce però vedere che c’è ancora il tema dei cappellani militari che hanno un vescovo e sono strapagati dal ministero della difesa. Una questione aperta che è dentro la Chiesa. Nominare papa Giovanni XXIII patrono dei cappellani è una vigliaccata. Oggi respiriamo un’aria di cultura di guerra che è accettata. Dobbiamo ringraziare Papa Francesco che tiene vivi i discorsi sulla pace. Facciamo la fiera delle armi e nessuno si scandalizza, si costruiscono gli F35 e non si obietta. Eppure sono armati per il nucleare mentre si osanna l’azienda perché dà lavoro”.

Il primo marzo ci sarà un’altra iniziativa organizzata dalla comunità Sichem di Olgiate Olona dedicata all’insegnamento di don Milani

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Pubblicato il 20 Febbraio 2019
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