Piccoli apparecchi salvavita in dono all’ospedale di Varese

L'associazione Alice ha regalato 4 spiderflash in grado di identificare possibili casi di ictus. Ogni anno sono circa 700 i pazienti trattati

macchinario spiderflash per prevenzione ictus

Un’equipe multidisciplinare per curare la seconda causa di morte e la terza per invalidità.
Parliamo dell’ictus e del modello di assistenza attivato all’ospedale di Varese che coinvolge diverse specialità. Al centro c’è la neurologia che ha costruito un modello di intervento attivo sin dalla chiamata del 118: «L’ictus cerebrale o stroke consiste nell’improvvisa comparsa di segni e sintomi riferibili ad una ridotta vascolarizzazione, e quindi ad un ridotto apporto di ossigeno, di una parte del cervello – spiega il Prof. Maurizio Versino, Direttore della Neurologia dell’Ospedale di Circolo di Varese – E’una patologia molto diffusa, solo in Italia si verificano quasi 19mila nuovi casi ogni anno. L’esito non è necessariamente infausto, ma può comportare la persistenza di deficit neurologici che riducono l’autonomia del soggetto e la sua qualità di vita».

I sintomi lamentati dal paziente ed i segni rilevabili dal neurologo, infatti, coincidono con la  perdita delle funzioni alle quali la parte del cervello colpita presiede: i neuroni morti (il cosiddetto core ischemico) non possono essere recuperati, mentre i neuroni circostanti (la cosiddetta penombra ischemica), che pure nella fase acuta mostrano una compromissione funzionale, possono essere preservati ripristinando il normale apporto di sangue. Non è possibile indicare un sintomo soltanto: le conseguenze sono diverse a seconda della parte di cervello rimasta priva di sangue.

All’ospedale di Varese arrivano, in media, 700 casi all’anno. Grazie alla professionalità e all’attenzione della dottoressa De Lodovici, il modello identificato di cura della patologia permette di avere risultati confortanti nel 25% dei casi, quando la media regionale indicata è del 5%.

L’azione di salvataggio richiede l’integrazione di diverse competenze:  il neurologo e il neuroradiologo identificano la natura del problema, la sua sede e la mancanza di controindicazione al trattamento. Se l’indicazione è per il trattamento di tipo medico, è il neurologo a somministrare i farmaci in grado di sciogliere (trombolisare) l’ostruzione trombotica che impedisce il normale flusso di sangue. Se invece si decide per la procedura endovascolare di trombectomia, è il neuroradiologo ad intervenire con l’utilizzo di strumenti che, introdotti attraverso una arteria, sono in grado di raggiungere l’ostruzione a livello intra-cranico e di rimuoverla. Nel caso l’ostruzione sia a livello di un grande vaso extra-cranico, infine, la sua rimozione per via chirurgica (trombo endo arterectomia, TEA) è eseguita dai chirurghi vascolari. Talvolta il problema è dovuto alla presenza di un aneurisma o di una malformazione vascolare che possono essere trattati dai neurordiologi interventisti oppure dai neurochirurghi.

Anche in questi casi, la migliore risposta per la guarigione è la prevenzione. È possibile individuare potenzialità latenti attraverso strumentazioni che, di solito, sono complesse come l’holter che, però, pone problemi per l’ampia casistica di risposte che riesce a dare per cui è un macchinario molto richiesto: «Una quota di ictus – tiene a precisare Versino – è dovuta ad un meccanismo cardiogeno, diverso da quello descritto precedentemente, spesso associato ad una alterazione del ritmo cardiaco. Nella fase acuta il trattamento di questi casi è lo stesso, ma è diverso il trattamento che il paziente dovrà seguire per ridurre il rischio di avere un nuovo evento. L’identificazione di questi casi richiede la collaborazione dei cardiologi e la registrazione dell’elettrocardiogramma. Purtroppo spesso i disturbi del ritmo responsabili dell’ictus non sono presenti continuamente, ma solo a tratti (sono parossistici) per cui è necessaria una registrazione prolungata come nel caso dell’ECG secondo Holter. Tuttavia anche questo tipo di registrazione, sebbene duri per 24 ore, può non essere in grado di cogliere una fase di aritmia. Inoltre le apparecchiature Holter hanno un grado di complicazione necessaria per lo studio dei pazienti ‘primariamente’ cardiologici, ma non indispensabile nei pazienti con ictus cardiogeno, ed il loro numero è limitato sia in senso assoluto e soprattutto rispetto della platea dei pazienti che dovrebbero usufruirne».

L’associazione ALICe, impegnata nella prevenzione dell’ictus cerebrale, ha quindi donato alla struttura di Neurologia e Stroke Unit dell’Ospedale di Circolo di Varese quattro strumenti indossabili per la registrazione prolungata dell’ECG: « Un regalo molto prezioso – ha commentato il direttore sanitario di Asst Sette Laghi Lorenzo Maffioli – la tecnologia “indossabile” è la nuova frontiera dell’applicazione in sanità e questa azienda vuole seguire questa indicazione».

macchinario spiderflash per prevenzione ictus

Gli apparecchi spiderflah donati da ALICE sono degli elettrocardiografi semplificati indossabili che possono registrare l’ECG per diversi giorni, aumentando quindi la probabilità di diagnosticare la presenza di una aritmia che potrebbe avere avuto un ruolo causale nel determinare il pregresso ictus. Si verifica quindi una combinazione estremamente favorevole di liberare delle risorse (gli ECG Holter tradizionali) aumentando contemporaneamente la capacità diagnostica e di instaurazione di una corretta prevenzione farmacologia di un possibile nuovo ictus.

Nel caso di cura dell’ictus è indispensabile la tempestività di azione: « Tutte le procedure sono disponibili all’Ospedale di Circolo, ma perché siano efficaci devono essere effettuate nelle prime ore dopo l’ictus, con tempi variabili in funzione del tipo di trattamento ma comunque non superiore a poche ore – precisa il Prof. Versino –  L’ictus, infatti, è una patologia tempo-dipendente. E’ quindi molto importante che, in caso di sintomi improvvisi quali, ad esempio, la perdita di forza o l’alterazione della sensibilità ad un arto o a metà del corpo, l’incapacità di parlare o di capire quanto ci viene detto,  sia chiamato il 118, perché il  sistema preposto ha dimostrato di garantire in maniera efficace il trasporto, la diagnosi e la cura e quindi un miglioramento della prognosi».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 27 Giugno 2019
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