Controlli di vicinato per superare conflitti e tensioni

È un progetto in corso a Como a cui partecipa anche l'Università dell'Insubria. Il modello è coniato dalla giustizia

Progetto : trame riparative - contatto

Un reato è sempre l’evento finale di un conflitto. L’apice di una tensione che lascia ferite aperte. Non solo nelle vittime ma anche negli autori. Gli strascichi si riassumono nel bisogno di vendetta e nel rancore, in una spirale di ulteriori tensioni.

Se si provasse a fermare e invertire questa spirale di odio, le ferite dolorose potrebbero ricucirsi più velocemente, così da superare il momento difficile e doloroso.

Ed è questo l’obiettivo che si pone l’approccio riparativo, un atteggiamento che parte dal sistema giudiziario ma che si allarga a tutte le dinamiche di una comunità.

Dal gennaio del 2017, l’Università dell’Insubria partecipa a un progetto di ricerca dal titolo “Contatto: trame riparative di comunità”.

Il progetto di Welfare, finanziato dalla Fondazione Cariplo, si pone, come obiettivo, di far crescere una nuova cultura della mediazione dei conflitti, diffusa attualmente nelle aule di giustizia, ma che potrebbe diventare un modello per disinnescare tensioni sociali a qualsiasi livello.

Ente coordinatore del progetto, che coinvolge 11 partner, è il Comune di Como  mentre la responsabile scientifica è della professoressa Grazia Mannozzi del Dipartimento di Diritto, Economia e Culture. Proprio la sua lunga competenza di giustizia ripartiva ( esiste un accordo con il Tribunale dal 2008) ha permesso di avviare nel territorio comasco il progetto che dovrebbe terminare a fine 2020.

« Stiamo gettando dei semi che, speriamo, potranno germogliare e crescere nel tempo – commenta Patrizia De Filippi responsabile del progetto – Abbiamo coinvolto i cittadini, le scuole, le parrocchie e tutti i centri di aggregazione. Stiamo, inoltre, lavorando sul fronte giudiziario con la collaborazione di avvocati e magistrati e gli operatori sociali. Il fine è quello di individuare modalità di confronto ripartivo per allentare le tensioni e costruire una cultura dell’attenzione all’altro per superare pregiudizi».

L’approccio ripartivo interviene quanto si è in presenza di un conflitto o di un reato che crea una spaccatura nel tessuto sociale. A questo punto ci sono due possibilità: lasciare che lo scontro si radichi oppure far in modo che venga superato. Come fare per superarlo? Con la conoscenza reciproca, in un confronto aperto e diretto dove ogni parte cerca di vestire i panni dell’altro per modificare il proprio punto di vista. La vittima con la sua sofferenza e il colpevole con il suo vissuto da scoprire. Così facendo, ci si apre alla possibilità del dialogo e del superamento della crisi.

Le azioni sono quelle dell’informazione e della sensibilizzazione, ma anche della mediazione del conflitto, dell’attivazione di servizi di accoglienza e di empowermet delle vittime.

Nel mondo giudiziario, è un metodo diffuso da anni anche se non esiste in tutti i tribunali: il processo regolamenta la situazione dal punto di vista legale della normale convivenza civile. Ma esiste poi il vissuto, il sentimento di sofferenza, una ferita aperta che fatica a chiudersi. La professoressa Mannozzi dell’Università di Como è una delle massime esperte di giustizia ripartiva e da anni collabora con il tribunale dove esiste proprio un ufficio preposto a cercare di comporre le conflittualità che rimangono collegate a un reato.

« Questo progetto mira a costruire una rete allargata che comprenda istituzioni, associazioni, realtà diverse e cittadini. Tutti insieme per conoscere e comprendere il modello – spiega la dottoressa Patrizia De Filippi – Abbiamo svolto dei laboratori in sette scuole del Comasco, sia primarie che delle superiori. Con gli studenti abbiamo parlato, ascoltato esperti, fatto dei laboratori di apprendimento. Sono stati coinvolti i docenti e i genitori. Il messaggio mira a far capire che le tensioni vanno smorzate: nel caso ci sia un problema, tenere un comportamento intimidatorio e colpevolizzante porta la comunità scolastica a chiudersi e a trincerarsi dietro un muro. La discussione aperta e generale sul fatto, sulle ricadute, sulle emozioni che vi sono collegate punta, invece, a responsabilizzare tutti in un’ottica di miglioramento futuro». 

Gli interventi sono stati fatti in alcune scuole di Como e di Lomazzo: ed è proprio qui, per esempio, che è stato realizzato un “angolo riparativo” con due seggioline pronte ad accogliere i bambini che si stanno affrontando con rabbia. Quell’angolo, messo fisicamente in disparte, vuole indurre i due litiganti a stemperare i toni.

Angoli riparativi sono stati aperti anche in una biblioteca di Como e in quella di Lomazzo: libri, DVD, riviste dedicati all’approccio riparativo permettono di approfondire il tema che viene anche trattato durante incontri con esperti.

L’attività più impegnativa ora è quella di costituire i “corpi intermedi”, gruppi di cittadini che, volontariamente, accettino di individuare potenziali conflitti nei propri quartieri per intervenire con le tecniche del confronto riparativo.
In un condominio particolarmente litigioso, per esempio, è stata aperta una “portineria ripartiva” dove personale formato è a disposizione per ascoltare e mediare i conflitti che emergono ciclicamente nell’ottica di stemperare i toni e di abbassare la conflittualità.

Volontari sono già stati “arruolati” e formati adeguatamente per entrare in azione sia a Lomazzo sia nel quartiere di Rebbio a Como. L’obiettivo finale, quando il progetto terminerà, è quello di veder crescere i volontari “riparatori” che aiuteranno la società a superare i momenti di rabbia e scontro attraverso il dialogo e il confronto. I primi risultati ci sono, il momento storico non è certamente dei migliori. Ma questo è uno spiraglio per un domani più solidale.

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Alessandra Toni
alessandra.toni@varesenews.it

Sono una redattrice anziana, protagonista della grande crescita di questa testata. La nostra forza sono i lettori a cui chiediamo un patto di alleanza per continuare a crescere insieme.

Pubblicato il 26 Luglio 2019
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