Bambini e pandemia in Svizzera: i nidi non hanno mai chiuso
Le scuole dell'infanzia hanno riaperto 10 giorni fa, con classi dimezzate e tante attività nel bosco. Più complicata l'organizzazione alle medie
In Svizzera le scuole sono rimaste chiuse per quarantena meno di due mesi: dal 16 marzo al 11 maggio. Tranne i nidi. Gli asili nido (per bambini da zero a tre anni) non hanno mai chiuso.
Semplicemente l’accesso alle strutture è stato limitato, per cui per continuare a frequentarlo le famiglie dovevano presentare un’autocertificazione in cui si affermava che entrambi i genitori sono lavoratori e non avevano nessuno cui affidare il bambino.
Le mascherine non sono obbligatorie per nessuno. I bambini non le indossano, molti educatori invece sì, per scelta personale.
Le Scuole dell’infanzia invece hanno riaperto dici giorni fa, assieme alle altre e le famiglie sono libere di scegliere se portarvi i propri figli oppure no.
“Ad esempio nell’asilo che frequenta mio figlio hanno diviso ogni classe in due gruppi, metà vanno al mattino e metà al pomeriggio, per un totale di massimo 3 ore di scuola al giorno ciascuno – racconta dal Canton Ticino l’insegnante di scuola elementare Martina Caterino, in qualità di mamma – dalle aule sono spariti tutti i giochi non disinfettabili, come bambole di pezza e peluches”.
Dopo l’accoglienza i bambini fanno qualche ballo o lavoretto, cantano insieme e “soprattutto escono molto, fanno tante attività all’aperto. Nel giardino possono giocare con lo scivolo o andare in altalena, ma vanno spesso anche nel bosco vicino. Per spostarsi usano una corda che ha tanti nodi, uno ogni metro e mezzo e ciascun bambino sa che deve tenere afferrare uno dei nodi con la manina, per rispettare le distanze”.
Bambini a scuola anche alle elementari, con orari e classi dimezzate a una decina di bambini, senza mascherina ma a distanza, con orari e percorsi di ingresso differenziati.
Così i bambini sono tornati in classe sereni in Canton Ticino
Più complesso il discorso delle scuole medie per almeno due ragioni: “Da un lato ci sono più docenti che ruotano su ogni classe e organizzare gli orari con le nuove restrizioni risulta più difficile – racconta la docente – dall’altro alcuni adolescenti, pochi per la verità, ma ci sono, per provocare a volte tentano di non rispettare le distanze. Ma vengono scoraggiati dai professori e anche dalla reazione dei compagni”.
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