L’addio a Raphael, pianto dagli amici di strada e da chi gli voleva bene

Aveva 26 anni, la sua breve esistenza è stata segnata da tante difficoltà e dolori, compresa la scomparsa della sua bambina. Il ricordo di Riccardo Festa e dei volontari che l'hanno incrociato in questi anni

lutto

In questi giorni ancora di dolore per molti, ci sono storie che sono ancora più dolorose, fatte di vite difficili e di fatiche che si sommano a fatiche.  Come quella di Raphael, 26enne che viveva a Gallarate.

Don Riccardo Festa, il prevosto della città, lo ricorda con franchezza evangelica e affetto profondo. Lo ricorda con il suo nome biblico tradotto in inglese, anche se Rapahel «era nato in Brasile e il suo cognome era italiano, quello di una famiglia che lo ha accolto in adozione».

La sua morte – improvvisa, per un gesto estremo – ha colpito anche la comunità cristiana di Gallarate, che l’aveva un po’ adottato, a suo modo: «Da anni veniva al Buon Samaritano (la mensa per persone in difficoltà, ndr) e anche alle docce a casa di Francesco». Aveva problemi di dipendenze, con tutte le asprezze, a volte le difficoltà di avere rapporti con gli altri. «Si faceva voler bene: era poco più di un ragazzo, era rispettoso, si vedeva la buona educazione ricevuta, si metteva sempre dopo gli altri ad aspettare di essere servito. Qualche volta beveva. Quei giorni gli altri ospiti dovevano stare attenti perché poteva essere violento. Parlava poco di sé, ma tanto della sua bambina, morta un anno fa: non aveva ancora 5 anni. Aveva conosciuto una ragazza di un paese qui vicino, anche lei che aveva bisogno di assistenza. La bambina era bellissima, vivace, conosciuta da tutti nel paese dove abitava la madre, poi una morte senza preavviso, come purtroppo capita a volte ai bambini».

«Le ceneri del papà sono state deposte nella stessa tomba che custodisce il corpo della bambina. Con il parroco erano presenti i genitori. Il parroco lo aveva accompagnato all’ospedale appena era arrivata la notizia della morte inattesa della bambina. Ha ricordato la sua emozione mentre vedeva Raphael che stringeva al cuore la figlioletta appena spirata. La mamma della bambina e i genitori di Rapahel hanno condiviso la scelta di deporre le ceneri del papà nella stessa tomba della bambina, ma la ragazza non era presente per deporre le ceneri di Raphael; il parroco non aveva voluto che fosse lì anche lei a vedere riaperta la tomba. C’erano invece i genitori, un fratello, una zia. Sarebbero bastati ancora quindici giorni e sarebbe entrato in una comunità per disintossicarsi, dicevano i genitori».

gallarate generico

«La mamma lo aveva sentito pochi giorni prima. Era malinconico, soffriva per la morte di un suo amico avvenuta da poche settimane e che chiameremo David, anche lui con un nome biblico, anche lui di nascita brasiliana, ma con un cognome italiano. Aveva 19 anni: stessa storia di Raphael: dopo l’adozione un’infanzia buona, poi al momento dell’adolescenza si riaprono ferite antiche, che, con tutto l’amore di chi sta intorno a questi ragazzi, non si riesce a curare. Anche David veniva a pranzo al Buon Samaritano, ma solo da qualche mese. Di solito arrivava alla fine; un po’ si vergognava di venire a chiedere. Però arrivava dopo anche per fermarsi a parlare con qualche volontaria; non era contento di quella vita. A fare la doccia invece si è prenotato per primo dopo la riapertura: ci teneva alla cura del suo corpo, ancora vigoroso, ancora non segnato dalla vita di strada».

Lo hanno trovato gli amici della strada, un gruppo fragile, per molti fastidioso, ma fatto anche di umanità. A Gallarate si è diffusa una definizione ironica: “la banda del Tavernello”. Una sintesi che suona divertente, ma che finisce per nascondere l’asprezza vera della vita di strada che vivono molte delle persone guardate con fastidio.

«Come sempre, molto si è ricevuto: in mezzo a tante contraddizioni l’affetto è stato ed è vero» continua don Riccardo Festa. «Gli altri amici di strada non si sono ancora ripresi da questi due avvenimenti. Ne sono usciti sconvolti. Spesso tra di loro sono alle mani; qualcuno è anche prepotente con gli altri. Ma a loro modo sono una comunità reale e poi una comunità che non è sola: nel mezzo dei due drammi infatti ci hanno subito cercato. Avevano qualcuno a cui raccontare e a cui affidarsi».

Accanto agli amici «La mamma di Raphael ha chiesto di venire a parlare con i volontari, col desiderio di condividere qualche ricordo. Le ho detto che anche i nostri volontari e le volontarie ne han bisogno. Ci sentiamo anche noi un po’ sconfitti. Abbiamo potuto dare a questi ragazzi solo un po’ di sollievo. Le sfide vere della vita ci trovano sempre un po’ inadeguati; ma impariamo anche ad accettare i nostri limiti».

«Nell’annuncio funebre i genitori hanno scritto: “E’ salita al cielo l’anima fragile di David”. Due anime fragili provate più di noi in questi tempi in cui dovevamo tutti restare in casa e loro di casa avevano solo la strada o una panchina. Qualche sollievo lo abbiamo dato, ma adesso siamo chiamati ad essere ancora più creativi; non solo generosi, che un po’ lo siamo già, ma più creativi, per trovare segni nuovi di prossimità e di condivisione. Qualcosa si può e si deve fare. Madonna in Campagna prega per noi».

Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it

Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare a VareseNews.

Pubblicato il 25 Maggio 2020
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