Le “cuffiette” di nonna Ivana per il personale del reparto Covid

La donna, madre di un medico della MAI1 dell'ospedale di Varese, ha cucito oltre 100 copricapo in tela per sostituire quelle plastificate in dotazione. L'emergenza non è ancora passata: "Incrociamo le dita per questa fase 2"

Cuffiette per operatori della MAI1

Un lavoro di squadra, allargato ai parenti tappati in casa. È così che è nata la “produzione” di cuffiette di tela per il personale della MAI1 all’ospedale di Varese: « All’inizio indossavamo quei copricapo plastificati – spiega la dottoressa Maura Lucchini – Tenerle per tante ore ci provocava un po’ di fastidio e le condizioni dei nostri capelli erano ogni giorno pietose. Così ho copiato i copricapo dei colleghi chirurghi quando entrano in sala operatoria e ho messo al lavoro mia madre».

Nonna Ivana, un passato di valigiaia e un’abilità nel confezionamento sartoriale, non se lo fatto ripetere due volte. Ha preso vecchi pigiami, lenzuola, camicie e ha iniziato il suo lavoro di taglia e cuci. In poco tempo ne ha realizzate un centinaio: « Le ho date a tutti i colleghi, soprattutto agli infermieri che rimangono molte ore chiusi negli abiti protettivi – spiega la dottoressa Lucchini – È stata una nota di colore, anche perché le stoffe erano le più varie, con motivi diversi, persino orsetti…».

La dottoressa Lucchini lavora nella Medicina ad alta intensità del quinto piano: « Io sono geriatra ma quando i pazienti sono stati trasferiti ad Angera , ho voluto rimanere nel mio reparto con il personale. Sono stati mesi davvero difficili e impegnativi. Non eravamo preparati a questa emergenza: velocemente, però, ci siamo organizzati sotto la guida del professor Francesco Dentali e tutti abbiamo fatto la nostra parte. È arrivato nuovo personale, di reparti diversi: abbiamo trovato subito una bella intesa».

Cuffiette per operatori della MAI1

Nonna Ivana abita nell’appartamento sotto la figlia: « Si è chiusa in casa dall’inizio dell’epidemia. Io e mia sorella le portiamo la spesa, ma rimaniamo a distanza. Ci scambiamo le cose con il cestino calato dalla finestra. Per me è comunque punto di riferimento, una tranquillità per i miei figli di 8 e 15 anni che sanno di poter avere un aiuto in caso di necessità. Ma devo tenere le distanze».

Per la dottoressa Lucchini l’emergenza non è ancora finita: « Sono stati liberati alcuni reparti ma non la MAI1 dove si vede viviamo ancora un’esperienza molto impegnativa. Incrociamo le dita per questa fase 2. Speriamo che la gente si renda conto quanto il virus sia pericoloso. Negli ospedali il personale è stanco. Non devono esserci sorprese, perché forze ormai quelle che sono».

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Pubblicato il 05 Maggio 2020
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