Manifestazione a Varese contro le chiusure, tra preoccupazione per il lavoro e slogan contro la “dittatura sanitaria”
Difficile dare una sola voce alla piazza gremita di persone che martedì 27 ottobre ha manifestato in piazza Montegrappa. Centinaia i partecipanti

Una piazza contro le chiusure imposte da Governo e Regione ma anche animata dalla voglia di urlare slogan ribellione verso quella che viene definita “dittatura sanitaria” e contro la mascherina, vista come simbolo di oppressione. È difficile dare una sola voce alla piazza gremita di persone che martedì 27 ottobre a Varese ha manifestato contro le chiusure imposte dalle autorità per rallentare la corsa del contagio.
I partecipanti si sono ritrovati dalle 21 in diverse centinaia e si sono riuniti in piazza Montegrappa con poca cura dei distanziamenti. C’erano diverse anime: cittadini e commercianti scontenti della situazione ma anche giovanissimi, tifo da stadio e movimenti di estrema destra. Tra gli organizzatori ha aperto la serata al microfono Francesco Tomasella, militante di Forza Nuova e animatore di “Identità Laghee”, un gruppo che si definisce “Circolo culturale tradizionalista e identitario, contro il pensiero unico mondialista e massificante”. Ha raccontato di una protesta nata dal comitato spontaneo Varese Libera e promossa solo attraverso il passaparola sui social network.
Tomasella ha parlato di una piazza che «non si è riunita nel nome del negazionismo del virus ma contro chi con la paura del virus vuole imporre la dittatura sanitaria». Attorno a lui hanno sfilato bandiere e striscioni senza simboli di partito. Forte è stata la contestazione nei confronti di Conte (contro il quale in piazza è stato mostrato anche un lungo striscione dal contenuto omofobo) ma anche del Governatore lombardo Fontana, rei di aver imposto delle chiusure insostenibili per chi lavora.
Il tema di fondo della manifestazione è stata la convinzione che per un “virus che nella quasi totalità dei casi non si dimostra mortale non si deve mandare ai domiciliari i cittadini”. Ma, come detto, è davvero difficile racchiudere sotto un’unica convinzione le ragioni dei tanti presenti.
Al microfono della piccola cassa portata dagli organizzatori si sono viste sfilare le testimonianze di tanti cittadini: c’era chi ha espresso il proprio dolore per la perdita del lavoro, per la paura del domani e per la privazione delle libertà personali, ma anche chi ha banalizzato il pericolo del virus e l’obbligo della mascherina.
Le testimonianze spontanee sono proseguite fino a tardi mentre la piazza è andata via via svuotandosi. L’idea degli organizzatori era quella di proseguire simbolicamente per qualche minuto oltre il coprifuoco ma altre frange avevano previsto piani diversi per quell’ora. Scattate le 23 la piazza che era ormai quasi vuota è tornata a riempirsi improvvisamente. È partita una pioggia di fumogeni e diversi petardi in direzione delle forze dell’ordine schierate e un corteo è partito attraversando via Veneto e via Morosini fino a piazzale Kennedy dove tutto è finito intorno a mezzanotte.
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