Ventidue i pazienti varesini curati in Fiera a Milano: “Un importante aiuto per sostenere i nostri ospedali”
Il professor Paolo Severgnini dirige, dal 9 novembre scorso, un modulo di terapia intensiva in Fiera. Nei 7 letti gestiti dall'equipe del Circolo, il 95% dei casi proveniva dal Varesotto
( gli auguri di Natale da parte del personale impegnato nei moduli di terapia intensiva in Fiera a Milano)
Sono 22 i pazienti varesini assistiti dall’equipe del professor Paolo Severgnini nel modulo da lui diretto dell’ospedale in Fiera.
Dal 9 novembre scorso, i sette letti attrezzati nel padiglione fieristico hanno rappresentato un aiuto concreto ai presidi della Sette Laghi sotto grande pressione: « Ho accettato l’incarico a Milano perché ero convinto che fosse meglio investire su una realtà già predisposta e attrezzata piuttosto che dover riorganizzare un reparto qualsiasi a terapia intensiva – spiega il primario della terapia intensiva cardiologica del Circolo – Sappiamo che la crescente emergenza ha poi costretto l’azienda a dover ampliare quanto più possibile i letti di assistenza a chi aveva gravi problemi legati al Covid. Persino la “recovery room” ha accolto ammalati intubati. Però noi abbiamo fatto un grosso lavoro curando pazienti provenienti, nel 95% dei casi, dal territorio varesino».
Il drappello di medici e infermieri varesini era stato trasferito in Fiera il 2 novembre scorso: « Il personale è stato subito smistato per dare un aiuto a chi stava già operando – ricorda il primario di terapia intensiva cardiologica – c’erano i sanitari del Policlinico, del Niguarda e del San Gerardo di Monza. I nostri operatori hanno seguito un veloce corso di formazione e poi si sono “buttati” a capofitto nel lavoro. La squadra varesina è composta da infermieri medici e specializzandi, un mix giovane con molta energia. Il 9 novembre aprivamo i nostri 7 letti che sono sempre stati saturi».
Da metà ottobre e per tutto novembre, l’aumento esponenziale dei contagi e dei ricoveri alla Sette Laghi ha creato un flusso costante verso l’appendice in Fiera: « Arrivano già intubati e sedati e solo al loro risveglio si accorgono di essere lontani dal loro ospedale. Qui li svezziamo e aiutiamo nel percorso verso la riabilitazione. Ogni sera, trascorro circa due ore, due ore e mezza con i parenti dei nostri pazienti. È un momento cruciale, dove la relazione è importante per spiegare, far comprendere e rispondere a dubbi e paure di chi ha solo il telefono per avere notizie del proprio caro. Il mio obiettivo è sempre stato quello di farli sentire presenti, accanto al letto del congiunto, distanti fisicamente ma consapevoli della situazione, dando la giusta dimensione della realtà, senza false speranze o disillusioni. Abbiamo ricevuto tante dimostrazioni di stima e affetto, anche da parte di chi ha perso i propri cari: e questo è il senso del nostro impegno».
Il Covid ha avuto un pregio: « Un solo lato positivo di tutta questa grave emergenza: è cresciuta e si è diffusa la cultura delle cure intensive, una maggior consapevolezza della respirazione meccanica, ma anche del valore dell’approccio umano. Le distanze sociali, che il Covid19 ha creato , hanno imposto a noi sanitari di instaurare relazioni più profonde e coinvolgenti. Questo ci ha restituito un’umanità arricchente: ci siamo trovati in mezzo alle storie più disparate, alcune belle, altre complesse e strazianti. Ma da tutte abbiamo ricevuto un impulso gratificante che ci restituisce il senso dei nostri sforzi».
Ora tutti, medici e infermieri, sono stanchi di tanto lavoro, di tanto dolore ma nessuno pensa di abbandonare o anche solo di allentare: « L’esperienza in fiera è stata molto positiva. Lavorare in questa struttura è stato un bell’esercizio perchè ci ha permesso di entrare in un team ampio, costruito con realtà ed esperienze differenti».
L’equipe del professor Severgnini lavora ancora nel padiglione fieristico, dorme in albergo, lontano da casa e dai propri affetti: « Sono proprio i nostri famigliari i veri eroi di questa pandemia. Devono rinunciare alla loro quotidianità per permetterci di essere in prima linea. Fortunatamente, in questa attività non abbiamo avuto casi di contagio nell’equipe sia perchè siamo dotati di dispositivi di protezione sia perchè siamo preparati e attenti. Siamo qui e lo saremo finché ce ne sarà bisogno. Finché non supereremo questo ostacolo, tutti insieme, perchè molto dipende dal comportamento degli italiani: solo stando attenti alle regole potremo tornare alla nostra quotidianità».
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