Tre tamponi negativi, ma il padre muore in ospedale per Covid
Il dolore di un figlio per la scomparsa del padre entrato due volte in pronto soccorso per problemi gastrointestinali. La replica del direttore sanitario che speiga cosa è avvenuto

“Ieri ho perso mio padre” inizia così la lettera di un figlio che ha dovuto dire addio al proprio padre di 78 anni. Un uomo anziano, ma senza acciacchi gravi, entrato in pronto soccorso a Busto il 31 dicembre scorso e morto lo scorso 6 gennaio.
Le lettera del figlio apre alcune questioni sul momento dell’infezione da Covid dell’uomo: « Un primo ricovero al Pronto Soccorso di Busto Arsizio la mattina del 31 dicembre. Gastroscopia, da cui non emerge nulla di evidente. Nessun tampone e dimissioni nel pomeriggio. Le problematiche però permangono nei giorni successivi. Secondo ricovero, sempre al Pronto Soccorso di Busto Arsizio, la notte tra l’1 ed il 2 Gennaio. Questa volta viene eseguito un tampone rino-faringeo. La mattina mi consentono di entrare per portargli alcuni effetti personali. E’ su una lettiga, in corridoio. E, con lui, ce ne sono almeno altre 6, tutte nel corridoio. Più un paio di persone sedute. Distanziate. Ma è un luogo di passaggio, evidentemente. Ed il via vai di pazienti e parenti è continuo. Nei due giorni successivi papà è rimasto in Pronto Soccorso. L’esito del primo tampone è negativo. Ne fa un altro due giorni dopo: negativo anche questo. Nel pomeriggio del 4 Gennaio, finalmente viene trasferito in reparto. Da questo momento non potremo più vederlo. Terzo tampone: negativo. Viene anche eseguita una broncoaspirazione, a seguito della quale, il 6 Gennaio, veniamo informati della sua positività al Covid. Ma come? Dopo 3 tamponi negativi? La situazione, da questo momento, precipita. Con l’epilogo tragico».
Un dolore sordo alla luce, soprattutto, di quei tre tamponi negativi che lasciano intendere un contagio all’interno dell’ospedale: « Questo è sicuramente un caso particolare – ammette la dottoressa Paola Giuliani, direttore sanitario dell’Asst Valle Olona – L’uomo, paziente cronico, ha effettivamente avuto tre tamponi negativi e siamo riusciti a individuare la presenza del Covid soltanto con un lavaggio broncoalveolare. È arrivato con una sintomatologia, vomito e problemi gastrontiestinali, che è stata associata all’ernia iatale e alla sua fragilità dovuta al diabete. Quando si è ripresentato la seconda volta, abbiamo effettuato nuovamente tutti gli esami e deciso una cura adeguata ai sintomi e alla sua storia clinica. Dal quarto giorno, però, passati i problemi intestinali, ha cominciato a lamentare dolori al torace e problemi di ossigenazione. A quel punto, davanti al peggioramento, i medici hanno effettuato la lastra ed evidenziato una polmonite. Le condizioni dell’uomo sono poi peggiorate sino alla morte. Il fatto di non aver rivelato la presenza del virus con i tamponi ci lascia presumere che fosse nella finestra dell’incubazione per un contagio avvenuto nelle 48/72 ore prima del primo ricovero, approssimativamente tra Natale e il 27 dicembre. Comprendiamo il dolore dei parenti, nostri medici hanno fatto il possibile per assistere quell’uomo. I tamponi non vengono fatti a tutti coloro che si presentano in pronto soccorso ma solo a chi deve essere ricoverato e a chi lamenta una sintomatologia sospetta covid.
In pronto soccorso, è vero, ammettiamo dei parenti ma solo in quanto accompagnatori di minori, disabili o persone non autosufficienti: devono indossare i disposizioni di sicurezza, devono tenere le distanze. Ma il nostro personale non può fare da sceriffo».
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