“Frontiere aperte in tempi rapidi e ristori” l’appello di Mastromarino al neo Ministro Giorgetti
Il Presidente dell'Associazione Comuni Italiani di Frontiera evidenza la drammatica situazione dei comuni sul confine italo- svizzero

La crisi economica legata alla pandemia da Covid 19 ha colpito tutti duramente. Ma c’è un luogo dove la crisi sembra essere ancora più drammatica, ed è la zona dei comuni di frontiera. Paesi che da sempre vivono e si sostentano grazie al continuo e reciproco scambio di beni, persone e servizi fra Italia e Svizzera. Quale valore abbia questo scambio nella vita economica di queste zone lo si capisce bene con una semplice fotografia, per esempio, di Lavena Ponte Tresa.
Un comune di neanche seimila abitanti e tanti supermercati che potrebbero bastare ad una città come Varese. Il motivo? Semplice: gli svizzeri che da sempre scelgono di venire in Italia per fare la spesa a prezzi vantaggiosi. Non solo grandi negozi, che pure danno lavoro a decine di persone, ma tanti piccoli negozi ed attività a gestione familiare che contano per oltre il 90% del loro fatturato sulla clientela ticinese o svizzero tedesca.
Le dogane chiuse qui significano una sola cosa: il rischio totale di fallimento per tanti di loro. Il primo lockdown del 2020, quello primaverile, era terminato per tutt’Italia ai primi di giugno. Ma non qui. Qui si è potuto festeggiare solo un mese e mezzo dopo, a luglio, con la riapertura delle dogane e il ritorno, finalmente, dei clienti abituali. Non tre mesi di mancati incassi dunque, ma cinque.
Ora la situazione si ripete. Tecnicamente le attività sono si nuovo aperte da settimane, da quando cioè la Lombardia non è più zona rossa. Ma con i confini chiusi qui non è cambiato nulla. E’ come continuare ad essere in lockdown, con la differenza che “sulla carta” si è aperti e quindi “operativi”.
Ma qui, sul confine, i colori contano poco. Quello che conta sono i confini e la possibilità, attraverso di essi, di fare arrivare i clienti. Senza la riapertura delle dogane le attività continuano a non avere ossigeno, ad essere nella stessa condizione di quando erano chiuse, a registrare cali al fatturato di oltre il 90%. E se per i dipendenti arrivano le casse integrazioni, per i proprietari delle attività urge pensare una qualche forma di supporto, o dalla crisi tanti non si rialzeranno più.

Da qui nasce l’appello del Sindaco Massimo Mastromarino, nella duplice veste di primo cittadino e di Presidente dell’Associazione Italia Comuni di Frontiera, che non ha perso tempo e si è subito rivolto al neo eletto Ministro all’Economia e allo Sviluppo Giancarlo Giorgetti, varesino. A lui Mastromarino ha scritto una lettera chiedendo che a Roma si discuta, con massima urgenza, della situazione delle realtà di confine delle province di Varese e Como, che più di altre hanno sofferto e continuano a soffrire lo stato di emergenza.
Ecco le sue parole:
“Onorevole Ministro,
mi complimento con Lei per la nomina a Ministro dello Sviluppo Economico e Le auguro buon lavoro.
In qualità di Presidente della Associazione dei Comuni Italiani di Frontiera (ACIF), sottopongo alla sua attenzione, la difficile situazione che stanno vivendo le attività economiche, produttive e commerciali nei Comuni di Frontiera, in particolar modo nelle province di Varese e di Como.
A Lei chiedo di portare la nostra voce nel Consiglio dei Ministri affinché in tempi certi si possano erogare i ristori necessari alle attività in crisi per la prolungata chiusura delle frontiere con la Svizzera e si definisca rapidamente la riapertura delle frontiere stesse, affinché l’economia transfrontaliera possa ripartire con slancio.
Confidiamo nelle sue capacità oltrechè nella conoscenza del territorio Insubrico, di cui Lei, varesino, è oggi autorevole rappresentante.”
Il Presidente della Assocazione Comuni Italiani di Frontiera
Sindaco di Lavena Ponte Tresa
Architetto Massimo Mastromarino
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