Il capolavoro blu di Joni Mitchell
Nel 1971 pubblicò uno dei suoi dischi più belli

E poi c’erano quei dischi che ti lasciavano senza parole, perché pur essendo molto scarni musicalmente ti trasmettevano davvero qualcosa. E stranamente non solo per i testi – di qualità eccelsa, ma che faticavamo sempre a capire – quanto per l’atmosfera generale e la bellezza cristallina. Joni ampliava verso il basso il suo registro vocale, e si metteva completamente a nudo: pare che Kris Kristofferson, al quale lo fece sentire in anteprima, commentò “Joni: tieni qualcosa anche per te”.
E’ un album che parla di lei, della sua ricerca di felicità (All I Want) attraverso i viaggi, delle sue relazioni appena finite con Graham Nash (My Old Man, River) e con James Taylor (pare la title track e ancora All I Want). La musica è scarna: spesso lei da sola – con chitarra, piano e dulcimer – e qualche piccolo supporto da James Taylor, Stephen Stills e un paio di altri. Nel 2020 Rolling Stone lo ha messo al terzo posto fra i 500 album migliori album di sempre: sapete cosa penso di queste classifiche, ma se ne trovate una che lo ignora girate alla larga. Curioso infine che nel maggior talent show italiano, pieno di rap, trap e autotune, cinquant’anni dopo una ragazza si sia presentata alla prima puntata con solo la sua chitarra e abbia cantato una strofa di A Case Of You, facendo commuovere alle lacrime i giudici. Onestà, bellezza, grande gusto musicale: davvero un diamante nella nostra memoria.
Curiosità: disco zeppo di riferimenti, ma uno dei più personali fu Little Green, che parla di un bambino dato in adozione. Fu apprezzata come bellissima canzone, quale è, ma fu solo più di vent’anni dopo che si scoprì che era autobiografica: una compagna di stanza di Joni vendette a un tabloid la storia (vera) del suo abbandono nel ’66 della figlia Kelly Dale, che non era in grado di mantenere. La ritroverà nel 1997.
La rubrica 50 anni fa la musica
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