La Giornata nazionale dell’affido per il diritto dei bambini a crescere in famiglia
La data proposta dal Tavolo Nazionale Affido è quella del 4 maggio, per sconfiggere la diffidenza e promuovere uno strumento di prevenzione che aiuta i minori a rientrare nella famiglia di origine
L’affido è accoglienza, è aprire le porte di casa ai bisogni di un bambino temporaneamente allontanato dalla sua famiglia e con la prospettiva che possa presto farvi ritorno. A questa risorsa che tutela innanzi tutto i bambini e il loro inalienabile diritto a crescere in famiglia, anche quando quella di origine non riesce a garantire un ambiente idoneo, si vorrebbe dedicare una giornata nazionale. La proposta arriva dal Tavolo Nazionale Affido: istituire il 4 maggio come Giornata nazionale dell’affido familiare.
La data, non celebrativa, è scelta per sottolineare il valore dell’accoglienza in famiglia innanzi tutto per i bambini, come sancito dalla legge 184 del 4 maggio 1983 che istituì l’affido familiare perché “il minore ha diritto di essere educato nell’ambito della propria famiglia”, ma quando “è temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo, può essere affidato ad un altra famiglia, […] in grado di assicurargli il mantenimento, l’educazione, l’istruzione”.
Eppure l’affido familiare è visto a volte con diffidenza, e utilizzato in via residuale (e non prevalente, come richiederebbe la norma) rispetto all’accoglienza in comunità, anche per bambini piccolissimi con meno di due anni. «L’affido è un processo meraviglioso e generativo, ma culturalmente faticoso – spiega Barbara Boggio, pedagogista della fondazione Albero della vita di Milano, che si occupa di affido familiare in tutta la Lombardia – Paradossalmente far riferimento a una struttura sembra più semplice, perché gestita da persone competenti, mentre scegliere l’affido significa curare le relazioni sia con la famiglia che accoglie, sia con la famiglia di origine».
Ci sono diversi tipi di affido, quello secretato, se nell’immediato c’è la necessità di una separazione netta dai genitori, o quello condiviso con la famiglia di origine: «La diffidenza verso l’affido fa sì che troppo spesso sia utilizzato come extrema ratio – spiega l’esperta – invece la sua forza sta nell’essere uno strumento di prevenzione, per permettere alle famiglie in difficoltà di ritrovare la stabilità necessaria a crescere il figlio e riaccoglierlo in casa. Nel frattempo i bambini possono godere di cure e attenzioni familiari che gli consentano una crescita armonica» .
In linea di principio le Comunità non sono da intendersi come strumenti alternativi all’affido, ma come risorse complementari: «Ci sono situazioni particolari, per complessità o fase formativa del minore, in cui è più indicato l’inserimento in Comunità, ma ogni caso va valutato singolarmente, fermo restando il diritto dei bambini a crescere in famiglia».
Invece attualmente ci sono tante famiglie disponibili all’affido, anche single o coppie di fatto (l’affido è per tutti, con meno restrizioni rispetto all’adozione), in attesa di ragazzi e bambini che stanno in struttura: «Le comunità non sono cattive e svolgono un ruolo importante, ma sono diverse. Le relazioni familiari sono diverse da quelle che si creano nelle strutture e i bambini hanno estremo bisogno di crescere in famiglia. Lo vediamo nei loro sguardi, i bambini in famiglia rifioriscono perché di questo hanno bisogno».
Giuridicamente l’affido dura due anni, rinnovabili, ma ogni caso è valutato singolarmente. Ci sono anche gli affidi sine die, per cui non si hanno prospettive di reinserimento in famiglia di origine e quindi i minori rimangono in affido sino ai 18 anni, età in cui possono scegliere se continuare in famiglia oppure no.
Altro affido particolare è quello della “pronta accoglienza neonati”. Ne usufruiscono i bambini appena nati per i quali è in corso la consulenza, con un tempo limitato, settimane, forse qualche mese, prima di confermarli adottabili. «Le famiglie che li accolgono sanno di essere solo un ponte per questi bambini che magari saranno poi adottati da altri, ma un ponte capace di garantire ai piccoli il calore l’attenzione e l’affetto di una famiglia, cui tutti i minori hanno sempre diritto», conclude Boggio.
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